Letta lo pensa e Zingaretti lancia il proporzionale. Marini e tutte le contorsioni per andare da Marzi 

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Gigioneggia Nicola Zingaretti quando parla di legge elettorale e conferma il suo pensiero: la migliore possibile per il Paese è rappresentata da un sistema proporzionale con soglia di sbarramento al 5%. “Altrimenti il rischio è quello di un suicidio politico, perché si condanna l’Italia all’instabilità, come dimostrato alle elezioni del 2018″. Zingaretti non vuole dare nemmeno la sensazione di parlare come se fosse ancora lui il segretario del Pd, anzi la mimica che utilizza fa capire che in realtà nel Pd sono tutti d’accordo. Specialmente lui ed Enrico Letta.

La missione sottotraccia del tattico Zinga

Eppure Letta ha sempre detto che lui preferisce il maggioritario sul modello del Mattarellum. Già, ma questo prima dello scoppio della guerra tra Russia e Ucraina. Perché nel frattempo il Dipartimento di Stato degli Usa ha mostrato apprensione e avversione per le posizioni di Giuseppe Conte e dei Cinque Stelle sulle spese militari e su tutto il resto. Nel Partito Democratico la linea atlantista “senza se e senza ma” è incarnata da Enrico Letta, Lorenzo Guerini e Piero Fassino. E se adesso, con la guerra alle porte dell’Europa, un dibattito sulla legge elettorale può apparire “lunare”, in prospettiva si tratta di un tema fondamentale. Anche per gli Stati Uniti. La posizione di Nicola Zingaretti, in realtà, trova parecchie sponde nel partito. Per Enrico Letta è abbastanza per vedere…l’effetto che fa. Il leader del Nazareno valuterà il risultato dei Cinque Stelle alle prossime amministrative, per capire quale apporto possono dare. Se soprattutto il contributo può valere uno scontro con gli Usa. D’altronde sono pure finiti i tempi nei quali Nicola Zingaretti (nessuno è perfetto) immaginava che Giuseppe Conte potesse essere il capo del centrosinistra. Ma in Parlamento ci sarebbero i numeri per approvare una legge proporzionale con sbarramento al 5%? I Cinque Stelle potrebbero starci. E anche la Lega di Matteo Salvini, sempre più “terrorizzato” dall’avanzata di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.

Perché le elezioni anticipate non sono più un tabù

Qualche giorno fa abbiamo scritto che prima del 24 settembre prossimo non succederà nulla. Dopo quella data scatterà il diritto alla pensione dei neo parlamentari di questa legislatura perché sarà stata superata la soglia di 4 anni, 6 mesi e un giorno. E quindi i contributi versati non andranno persi. In questa situazione ci sono 427 deputati (68%) e 234 senatori (il 73%). Molti dei quali preoccupati dal fatto che con 345 seggi in meno la rielezione è una chimera. Anche se non manca chi maliziosamente fa notare che pure la prospettiva di rinunciare a 5-6 mesi di stipendio pieno provoca attacchi di panico o di depressione. Però la posta in gioco è troppo alta. L’allarme rosso è scattato soprattutto nel Pd, che non vuole ripetere il suicidio del 2013, quando fu pagato ad un prezzo altissimo il sostegno al Governo di Mario Monti mentre Forza Italia e altri alleati si erano sganciati prima. I segnali che stanno arrivando dalla Lega di Salvini, da Forza Italia di Berlusconi e dal Movimento Cinque Stelle di Giuseppe Conte preoccupano moltissimo Enrico Letta, Nicola Zingaretti e tutto lo stato maggiore del Pd. La controffensiva potrebbe scattare con le elezioni anticipate: crisi di governo a settembre e ritorno alle urne tra novembre e dicembre. Magari con una legge elettorale proporzionale. Due le incognite: i tempi e l’atteggiamento del presidente Sergio Mattarella. La presa di posizione di Nicola Zingaretti sul proporzionale fa parte quindi di una strategia precisa e c’è un gioco di sponda totale con Enrico Letta. A ulteriore dimostrazione di quanto “pesa” il Governatore del Lazio, che la prossima volta si candiderà alla Camera o al Senato.

Marini va da Marzi anche se il percorso è contorto

La Lista Marini sarà schierata a Frosinone nella coalizione cha appoggia la candidatura a sindaco di Domenico Marzi. Archiviata la contrapposizione di dieci anni fa, cancellata la lettera al vetriolo che Marzi scrisse a Marini. Tutto è bene quel che finisce bene? Non esattamente in verità. Michele Marini non si candida al consiglio comunale, mette a disposizione la sua lista civica insieme al presidente Antonio Pompeo. Dopo un lungo percorso di avvicinamento effettuato con motivazioni programmatiche che sinceramente lasciano il tempo che trovano. La verità è che l’imbarazzo politico rimane: Marini appoggia ma non spinge. Un’operazione costruita a tavolino, che non scalda i cuori. Caro Michele, ma ne vale la pena?

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