Qui ci stiamo decisamente facendo del male. Non bastassero le preoccupazioni per i due anni di pandemia e per il futuro legato alla guerra e alla presumibile crescita delle tensioni internazionali, è giunta ieri la notizia che la Catalent, la multinazionale farmaceutica che ha un suo importantissimo sito produttivo ad Anagni, ha ritirato l’investimento di cento milioni di euro che aveva previsto proprio nel complesso produttivo della città dei Papi per spostarlo in Gran Bretagna.
Un colpo durissimo per l’economia del nostro territorio, per il futuro di tanti giovani laureati che avrebbero trovato un interessantissimo sbocco professionale e per tutto l’indotto che avrebbe beneficiato della crescita del polo industriale.
Una giornata da dimenticare per la presidente di Unindustria Miriam Diurni che non nasconde la propria delusione.
“Sono rammaricata, addolorata. Questa è una giornata sulla quale non riusciremo facilmente a passare su. Qui, mi trovo a dire, non perde la Ciociaria e la provincia di Frosinone. Qui perde il sistema Paese. Pensare a tutto quello che sfuma solo per l’eccessiva burocratizzazione, è sconcertante. Perdere un investimento del genere è un colpo durissimo per tutti noi che da anni chiediamo certezze e riceviamo puntualmente solo promesse”
Catalent abbandona il progetto “solo” per una questione di burocrazia?
“Assolutamente si. Dopo un iter che ha preso il via nel 2019 la direzione dello stabilimento di Anagni, quando alla richiesta della casa madre di una data precisa nella quale poter chiudere la procedura autorizzativa non ha saputo fornirla, si è vista arrivare, come risposta, lo spostamento di tutto il pacchetto di investimenti previsti a Oxford”
Non perdiamo soltanto un sito produttivo…
“Insieme all’ampliamento dei reparti sarebbe stato realizzato un importantissimo centro di ricerca e un polo di formazione ad altissima specializzazione in collaborazione con le Università, in particolare con quella di Cassino. Perdiamo tutto questo per l’incapacità da parte del Mite (Ministero della Transizione Ecologica) di dare, dopo tre anni di procedure estremamente complesse e lungaggini burocratiche di ogni tipo, una risposta definitiva a una multinazionale che aveva scelto il nostro territorio per la propria crescita industriale ma, ripeto, anche e soprattutto per realizzare qui un centro di formazione di carattere internazionale”.
Cambierà il vostro atteggiamento nei confronti della politica?
“Penso che non si possa fare a meno di alzare la voce e di chiedere nuove regole. E a chiederle per noi deve essere innanzitutto la Regione impegnando il Governo e il Parlamento ad intervenire sulla mostruosità degli iter autorizzativi nelle aree Sin. Come bisognerà intervenire sulle procedure per le Aia e le Aua. Probabilmente Amazon è riuscita a realizzare l’investimento di Colleferro grazie agli uffici di una provincia, come quella di Roma, dove tutto ha funzionato. A Frosinone probabilmente sarebbe stato diverso.”