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Lavoreremo fino al 7 giugno per pagare le tasse. Lo studio della Cgia

Cesidio Vano
Nel 2022 necessari 157 giorni lavorativi per onorare tutte le scadenze fiscali. In Europa solo la Francia ha un erario più esoso
Aprile 21, 2022

Fino al 6 giugno lavoreremo per pagare le tasse. Dal 7 lavoreremo per noi. E il dato è anche migliore rispetto allo scorso anno, quando per saldare il conto con il fisco abbiamo dovuto lavorare fino a 7 giugno compreso. Questo perché la pressione fiscale in Italia è scesa nel 2022 dello 0,4% passando da una media del 43,5 % (record toccato lo scorso anno) a una media del 43,1% di quest’anno.
Quindi solo dopo la prima settimana di giugno gli italiani potranno festeggiare quello che vien indicato come il tanto sospirato giorno di liberazione fiscale (o “tax freedom day” se andate pazzi per gli anglicismi). In altre parole, dopo più di 5 mesi dall’inizio del 2022 (pari a 157 giorni lavorativi inclusi i
sabato e le domeniche), il contribuente medio italiano smetterà di lavorare per pagare tutti gli obblighi fiscali dell’anno (Irpef, Imu, Iva, Tari, addizionali varie, Irap, Ires, contributi previdenziali, etc.) e dal 7 giugno inizierà a guadagnare per se stesso e per la propria famiglia.

I conti li ha l’Ufficio studi della CGIA da dove, ovviamente, precisano come “l’elaborazione di questo “contatore” è un puro esercizio teorico; tuttavia, questa analisi è interessante perché dà la dimensione, quando la si compara con i risultati degli altri paesi europei, di quanto sia spaventosamente elevato il prelievo fiscale e contributivo in capo ai contribuenti italiani”.
Eh già! Perché se si da uno sguardo alla “serie storica” che è stata ricostruita fino al 1995, il giorno di liberazione fiscale più “precoce” è stato nel (lontano) 2005 . In quell’occasione, la pressione fiscale si attestò al 39 per cento e ai contribuenti italiani bastò raggiungere il 23 maggio (142 giorni lavorativi) per scrollarsi di dosso tutte le scadenze fiscali. Osservando sempre il calendario, quello più in “ritardo“, si è registrato nel 2021, poiché la pressione fiscale ha raggiunto il record storico del 43,5 per cento e, di conseguenza, il “giorno di liberazione fiscale” è slittato all’8 giugno.
Comparando la nostra situazione con quella degli altri paesi europei emerge, invece, che tra i big dell’UE solo la Francia ha un fisco più esoso di quello italico, mentre guardando gli altri Paesi europei non emerge un risultato particolarmente entusiasmante.

“Nel 2020 – dice lo studio – (ultimo anno in cui è possibile effettuare una comparazione con i paesi Ue) i contribuenti italiani hanno lavorato per il fisco fino al 5 giugno (quasi 157 giorni lavorativi), vale a dire 4 giorni in più rispetto alla media registrata nei Paesi dell’area euro e 6 se, invece, il confronto è realizzato con la media dei 27 Paesi che compongono l’Unione europea. Se confrontiamo il “tax freedom day” italiano con quello dei nostri principali competitori economici, solo la Francia presenta un numero di giorni di lavoro necessari per pagare le tasse nettamente superiore (+19), mentre tutti gli altri hanno
potuto festeggiare la liberazione fiscale in anticipo. In Germania, ad esempio, questo è avvenuto 5 giorni prima che da noi, in Olanda 11 e in Spagna 20. Il paese più virtuoso è l’Irlanda; con una pressione fiscale del 20,7 per cento, i contribuenti irlandesi assolvono gli obblighi fiscali in soli 76 giorni lavorativi, cominciando lavorare per se stessi il 16 marzo: 81 giorni prima rispetto al nostro “tax freedom day”.

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