Vi ricordate la storia degli yacht e delle mega ville sequestrati agli oligarchi amici di Putin (800 milioni di bendiddio)? Quei barconi super lussuosi ormeggiati nei porti più esclusivi d’Italia e quelle villone pacchianamente fastose? Bene, quei sigilli rischiano di costarci carissimo, in termini sia economici che giuridici. E anche a breve termine.
Ad avvertirci dei nuvoloni in arrivo è il Sole 24 Ore. Il giornale salmonato segnala che questa messa in stand by dei miliardari russi non corrisponde a un sequestro o a una confisca ma a un congelamento, scenario previsto dalle normative comunitarie ma assente nel nostro ordinamento. E già questo crea un vulnus. Perché non può esserci il provvedimento di un nostro giudice a stabilire il blocco dei beni ma si deve fare riferimento ai regolamenti Uendel 2014 e del febbraio 2022.
Altro aspetto giuridico e sensibile è la questione relativa alla proprietà di questi beni che non fa direttamente riferimento alle persone fisiche degli oligarchi ma alle persone giuridiche di società di cui essi fanno parte.
“Per l’ordinamento italiano – scrive il Sole 24 Ore – la società di capitali è un soggetto distinto dalle persone dei soci e beneficia di autonomia patrimoniale: ciò significa che la società risponde dei propri debiti, ma non delle obbligazioni dei soci”.
Ci fermiamo qui con i tecnicismi più astrusi e arriviamo alla conclusione che è la seguente: la decisione di sequestrare, ma sarebbe più corrette dire congelare, le mirabilia degli epuloni russi potrebbe essere presto impugnata dagli stessi davanti al Tar o alla Corte Europea. Nel caso i ricorsi dovessero essere accolti, ciò comporterebbe l’obbligo di risarcimenti da parte del nostro Paese nei confronti di questi signori pieni di soldi. Insomma, al danno dei costi di manutenzione, che come è noto spettano all’Agenzia del Demanio (150mila euro al giorno) si aggiungerebbe la beffa dei risarcimenti.