Fine dell’emergenza sanitaria Covid, oltre 1.100 operatori sanitari rischiano il posto. L’allarme arriva dal coordinatore del Lazio delle Uscar (Unità speciali di continuità assistenziale regionale del Lazio, Pier Luigi Bartoletti.
Si tratta delle strutture attive praticamente in ogni Asl, nella nostra regione come nel resto dell’Italia, nate nel marzo 2020 con l’esplosione della pandemia per le quali con la fine dello stato di emergenza lo scorso 31 marzo si è decisa una proroga limitata dell’attività fino a tutto il prossimo giugno, poi saranno smantellate e con esse torneranno a casa gli operatori sanitari che “hanno prestato servizio nel cuore della pandemia sfidando il covid per due anni” come ha evidenziato anche il Corriere della Sera.
Cosa sarà di questo personale è ancora un interrogativo senza risposta. «Ma in ogni caso un servizio del genere, con il grande patrimonio di conoscenza del virus che ha acquisito sul campo, va in qualche modo tenuto in piedi» è l’appello lanciato da Bartoletti.
Si tratta di circa 400 medici e 700 infermieri che in tuta bianca, cuffie e visiere sono stati e sono in prima linea contro il virus, nel centro di ogni focolare d’infezione per eseguire tamponi e controlli.
Il lavoro di queste unità speciali è cambiato man mano che è cambiato l’approccio al contrasto della pandemia: all’attività di prevenzione si è aggiunta quella di cura. «Oltre che a supporto nei drive-in per i tamponi, siamo nei centri vaccinali dello Spallanzani e di Fiumicino, – spiega Bartoletti -. Eseguiamo le vaccinazioni domiciliari. Ci occupiamo, come personale specializzato, di somministrare gli anticorpi monoclonali nelle strutture residenziali, con 12 equipaggi attivi ogni giorno. Siamo stati, e siamo ancora, ovunque sia servito, e tuttora serva, il nostro impegno».
«Impossibile fare previsioni sul futuro delle Uscar – è ancora Bartoletti a parlare -. Non dipende da noi. La decisione non spetta a noi. Noi siamo stati e saremo ancora a disposizione per andare ovunque serva a contrastare il Covid. Anche in previsione di una fase futura che non è ancora chiara in termini epidemiologici – conclude il coordinatore delle unità -. E alla luce, per esempio, di questa nuova minaccia virale che arriva dal Regno Unito con l’epatite acuta che colpisce i bambini. È il segno evidente che, oltre al Covid, ci sono anche altre malattie infettive che continuano a esistere».