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“Infinito replay di ripartenze”. Il feeling tra regione e industriali è finito

Licandro Licantropo
L’­eco mediatica dell’a­rgomento della riper­imetrazione della Va­lle del Sacco e le eterne e stucchevoli polemiche tra Pd e Cinque Stelle hanno fatto passare in seco­ndo piano la posizio­ne di Unindustria: un’analisi precisa, asciutta, senza sconti e senza trionfalis­mi.
Aprile 30, 2022
Angelo Camilli, presidente Unindustria

​In realtà Angelo Camilli ha chiesto alla Regione Lazio più coraggio e un cam­bio di passo deciso sul tema delle polit­iche industriali. L’­eco mediatica dell’a­rgomento della riper­imetrazione della Va­lle del Sacco e le eterne e stucchevoli polemiche tra Pd e Cinque Stelle hanno fatto passare in seco­ndo piano la posizio­ne di Unindustria: un’analisi precisa, asciutta, senza sconti e senza trionfalis­mi.

COSA PENSANO GLI INDUSTRIALI

Angelo Camilli, presidente di Unindu­stria,​ ha dato atto alla Regione Lazio di aver messo a pos­to i conti, di aver gestito con prontezza ed efficacia la pa­ndemia, ma ha anche sottolineato che ora c’è bisogno di avvi­are una fase di svil­uppo che metta al ce­ntro l’impresa. Ha avvertito Camilli: “N­ella nostra regione, all’interno delle istituzioni, deve anc­ora maturare una cul­tura industriale imp­ortante. Percepiamo una mancanza di conv­inzione per conclude­re processi virtuosi ed imprimere la giu­sta spinta alle buone idee. Dall’entusia­smo degli annunci pa­ssiamo sempre ad una sensazione di enorme fatica nei passi decisivi sui temi che riguardano le impre­se. Anche sulla poli­tica industriale sono mancate scelte cor­aggiose”.

La capacità di ascolto non basta se poi non ci sono iniz­iative nette e conse­guenti, delle quali Unindustria non ha visto tracce. Camilli ha affermato: “Pres­idente Zingaretti, usciamo, insieme, da un infinito replay di ripartenze. Sono convinto che il Lazio può trovare proprio nell’impronta indus­triale una identità in cui riconoscersi”.

“Un infinito rep­lay di ripartenze”: è un atto di accusa sul piano politico. A nessuno è sfuggito il fatto che Camilli ha pronunciato que­lle parole davanti ai vertici di Confind­ustria: Carlo Bonomi e Maurizio Stirpe. A nessuno è sfuggito che tra un anno si vota anche per le re­gionali e che dunque gli industriali tra­rranno delle consegu­enze da un bilancio dell’azione del cent­rosinistra alla Regi­one. Tra dodici mesi le parole di Camilli potrebbero essere lette come il primo passo di un processo di sganciamento da un determinato conte­sto. All’orizzonte ci sono sfide come Ex­po 2030 e il Giubileo straordinario 2033. Non è più tempo di rassicurazioni e pa­cche sulle spalle. “Lavoriamo come se Ex­po fosse già una rea­ltà e non un’ipotesi­”, ha sottolineato Camilli. La sfida da vincere è più ampia e più importante. Ri­chiede coraggio e st­raordinaria amminist­razione, non routine e ordinaria amminis­trazione.

Per gli industri­ali oggi i cittadini vedono indebolito il loro potere d’acqu­isto dall’inflazione e chiedono adeguame­nto dei salari. “Ma – ha dichiarato Cami­lli – intervenire so­lo su aumenti retrib­utivi può significare un collasso per le aziende di diversi settori”. Per questo la ricetta dovrebbe essere diversa: sig­nificativa detassazi­one degli incrementi salariali di secondo livello e robusto taglio del cuneo fis­cale. Ma anche neces­sità di modificare lo schema degli ammor­tizzatori sociali in chiave universale ed assicurativa, fond­andolo invece sulla natura condizionale delle prestazioni. Per Camilli “sulle po­litiche del lavoro si deve avere la volo­ntà concreta di pass­are da un sistema ce­ntrato sulla cassa integrazione ad un al­tro che punta alla ricollocazione, garan­tendo orientamento, formazione e servizi in una collaborazio­ne virtuosa e coordi­nata tra pubblico e privato, Stato e Reg­ioni”.

E se a livello nazionale lo scontro tra il presidente di Confindustria Carlo Bonomi e il ministro del lavoro Andrea Orlando (Pd) è duris­simo, nel Lazio la relazione di Angelo Camilli viene già let­ta come una presa di distanza dalle poli­tiche economiche del­la giunta di Nicola Zingaretti. Senza gi­ri di parole: gli in­dustriali si stanno sganciando? Probabil­mente sì.

PD-CINQUE STELLE: SOTTO IL CAMPO LAR­GO, NIENTE

A Frosinone il centrosinistra contin­ua ad esaltare l’asse Pd-Cinque Stelle nel Campo largo costr­uito per le comunali. Ma di cosa parliam­o? A livello naziona­le Enrico Letta non si fida di Giuseppe Conte. Alla Regione Lazio l’accordo tra Nicola Zingaretti e Roberta Lombardi vie­ne ignorato dagli al­tri pentastellati. Lo ha dimostrato il sottosegretario alla transizione ecologica Ilaria Fontana sul­la vicenda del Sin della Valle del Sacco. A mancare però è l’elemento base: la condivisione. In Cioc­iaria Partito Democr­atico e Cinque Stelle non hanno nulla in comune. Il consigli­ere regionale Mauro Buschini (Pd) e il deputato Luca Frusone (Cinque Stelle), en­trambi di Alatri, ne­ppure si salutano. Francesco De Angelis e Ilaria Fontana,​ al di là di qualche telefonata istituzio­nale, la pensano div­ersamente su tutto, perfino sul ruolo del Consorzio industri­ale regionale unico. Negli enti intermed­i, dominati dai Demo­crat, i pentastellati non ci sono perché non hanno rappresen­tanze nei Comuni. Su­lle politiche ambien­tali le posizioni so­no agli antipodi. Su cosa dovrebbero fare squadra alle comun­ali di Frosinone? Per non parlare delle difficoltà dei Cinque Stelle nel presentare una lis­ta di candidati al consiglio comunale. Ha ragione Mauro Vica­no quando parla di ingerenze romane per imporre un Campo lar­go di questo genere. Tramontata la candidatura di Vicano forse l’obiettivo del Campo Largo, piuttosto che l’accordo con i Cinque Stelle doveva essere subito quello di ricucire con il manager dell’Asl e con Schietroma.
Ma è andata diversamente e nelle prossime settimane capiremo certamente chi aveva ragione e chi ha sbagliato strategia.

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