Italia, energie da liberare. Con questo slogan Giorgia Meloni ha organizzato al Milano Convention Center una conferenza programmatica che nell’ordine ha dimostrato innanzitutto lo stato di salute del partito che parte dal primo posto dei sondaggi per scalare ancora la classifica del consenso.
“Puntiamo a raggiungere la vetta per guardare più lontano” ha esclamato la Meloni chiudendo la relazione introduttiva di venerdì in attesa della chiusura di oggi. La sensazione che si avvertiva nei saloni del gigantesco centro congressi meneghino era quella di un partito diventato grande che non vuole ripetere gli errori del Pd di Renzi, del M5S di Grillo e della Lega di Salvini.
Giorgia Meloni pare aver metabolizzato innanzitutto un concetto. Non si costruisce un partito che aspira a guidare l’Italia senza strutturarlo, senza avere come ha ripetuto più volte “i piedi ben saldi per terra”, senza lanciare uno sguardo alle menti migliori per ipotizzare una squadra di governo credibile, senza lavorare ogni giorno alla crescita delle donne e degli uomini del partito nelle istituzioni.
“L’accusa che ci viene mossa più frequentemente è che non abbiamo una classe dirigente all’altezza. Dimenticando forse che in Italia abbiamo gestito la pandemia con Speranza alla Sanità e siamo coinvolti in uno scenario di guerra con Di Maio agli Esteri”. Il leit-motiv di questi tre giorni è stata la battaglia contro il politicamente corretto, contro quelle linee del pensiero unico che costituiscono un attacco ai valori sui quali si fonda la società che i “conservatori” vogliono a tutti i costi proteggere.
Uno dei passaggi più significativi della relazione introduttiva della Meloni è stato quello in cui ha parlato della donna “Se andate oltre gli slogan vi renderete conto che il vero obiettivo dell’ideologia gender non è quello tanto decantato della lotta alle discriminazioni e del superamento della differenza maschio-femmina, ma il vero obiettivo non dichiarato è la scomparsa della donna in quanto madre”.
Nutrita la presenza di delegati dalla provincia di Frosinone guidati dal senatore Massimo Ruspandini. Abbiamo visto tra le sale del centro congressi, il consigliere provinciale Daniele Maura, il sindaco di Ceccano Roberto Caligiore, l’assessore Riccardo Del Brocco e il consigliere Diego Bruni, il leader cittadino di Frosinone, Fabio Tagliaferri, la delegazione sorana con Massimiliano Bruni e Federico Altobelli e tanti altri iscritti giunti da tutta la provincia di Frosinone.
Gli inciuci che hanno depotenziato il centrodestra provinciale
Quella che vi raccontiamo ora è una delle tante storie di inciuci e accordi sottobanco nelle quali i protagonisti sono quasi sempre gli stessi. Che con un accordo trasversale si riesca a costruire un’infrastruttura utile per il territorio ci può stare. Ma quando il livello della trattativa scende sulla necessità di piazzare la moglie dell’amico in un Collegio dei Revisori di un ente destinato a centralizzare tutta una serie di operatività regionali allora la vicenda non può passare in silenzio. I protagonisti sono tre: il Presidente del Consiglio regionale, il consiglio regionale nella sua interezza e l’intrepido Pasquale Ciacciarelli. Uno che in questi cinque anni alle Regione si è distinto solo per queste operazioni. Epica fu la sua fuga in Scozia per evitare di votare la sfiducia a Zingaretti.
L’ultima inciuciata di Ciacciarelli, evidentemente imbeccato dal solito Abbruzzese riguarda la nomina del Collegio dei Revisori del Consorzio Unico.
Nel settembre del 2021 viene approvato l’avviso pubblico per presentare le candidature per il collegio sindacale del Consorzio che si sarebbe costituito da lì a due mesi. Infatti il primo dicembre dello scorso anno il Consorzio Unico diventa realtà ma dalla Regione ancora non sono in grado di dare i nomi.
C’è un avviso e dunque viene nominato un collegio dei revisori pro-tempore che andrà sostituito alla fine della procedura concorsuale indetta dalla Regione. Ma il Consiglio Regionale della questione non si interessa più. Fino ad arrivare al 30 marzo 2022 quando il Presidente Marco Vincenzi, in ossequio a una legge del 1993 che in caso di inerzia del consiglio conferisce al Presidente la possibilità di nomina degli organismi scaduti (in questo caso non era scaduto, ma semplicemente “costituendo”) nomina finalmente il Collegio dei Revisori del Consorzio.
E tra i nomi spunta, immancabile, la pedina scelta dall’ineffabile Ciacciarelli: trattasi di Cristina Marrone la consorte di Giuseppe Tedesco professionista da sempre notoriamente vicino a Mario Abbruzzese. Ancora una volta una scelta che porta i tratti distintivi dell’inciucio con il nemico (e non di una scelta condivisa con il partito, la Lega non ne sapeva nulla, o con gli alleati), delle trame che poi hanno esiti disastrosi (si parla che sotto questa vicenda ci sia la volontà di candidare sindaco di Cassino, Gianrico Lanciano) e di una situazione che rappresenta un’unicum in Italia. Quella di un consigliere regionale della Lega che fa politica “eterodiretto” da un dirigente di un altro partito.
Poi ti spieghi perché fa bene Giorgia Meloni a piantare bene i piedi in terra e a strutturare il partito prima di guardare ai sondaggi, alla vittoria delle elezioni e alla guida dell’Italia.
