Di qua c’è quello che dice: mandiamo ancora più armi agli ucraini. Hanno il diritto sacrosanto di difendersi. Di là c’è l’altro che obietta: d’accordo ma se continuiamo a spedire fucili a Zelensky questa maledetta guerra non finirà mai. E soprattutto le conseguenze del conflitto e le sanzioni alla Russia rischiano di ridurre il nostro Paese in braghe di tela.
Il secondo corno del dilemma non è del tutto destituito di fondamento considerato l’sos allevamenti lanciato ieri da Coldiretti Lazio. L’organizzazione lamenta un meno 4,8% dei campi coltivati a mais nel 2022 causa conflitto russo ucraino. Ne discende un altro allarme: quello del ridimensionamento delle forniture di latte e carne alle famiglie.
L’allarme della federazione regionale si fonda sull’analisi dell’ultimo report Istat con le previsioni di semina per le coltivazioni cerealicole nel 2022.
“Una situazione preoccupante – spiega il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri – che solo nel Lazio mette a rischio un allevamento su quattro e negli ultimi cinque anni sono già 200 quelli costretti a chiudere. Le ripercussioni del conflitto sulla zootecnia sono devastanti, ma sono anche altri i settori colpiti, che a fatica stavano tentando di risollevarsi dopo la crisi determinata dalla pandemia e dall’aumento dei costi delle materie prime”.
Solo negli ultimi cinque anni nel Lazio sono circa 200 le aziende che sono state costrette a chiudere, passando così da più di mille aziende a poco più di 800 tra quelle ad orientamento latte. E nel complesso a livello nazionale più di 1 azienda agricola su 10 (11%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività, ma ben circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi, secondo il Crea.
“E’ necessario contenere il caro energia ed i costi di produzione invertendo la tendenza e contenendo gli aumenti con interventi sia immediati per salvare le aziende che strutturali per programmare il futuro del sistema agricolo nazionale – conclude Granieri – . Servono investimenti per aumentare la produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità, ma bisogna anche sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della biodiversità e come strumento di risposta ai cambiamenti climatici”.
E’ quindi strategico ridurre la dipendenza dall’estero in una situazione in cui – evidenzia la Coldiretti Lazio – l’Italia è deficitaria in molte materie prime e produce appena il 36% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 53% del mais per l’alimentazione delle stalle, il 56% del grano duro per la pasta e il 73% dell’orzo. L’Italia in particolare è costretta ad importare materie prime agricole a causa – precisa Coldiretti Lazio – dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati”.