Considerato che per far cassa il premier Draghi ha già detto che non si faranno più scostamenti di bilancio. Che lo spread è tornato a fare pericolosamente capolino. Che i soldi del Pnrr non si possono, per ora, dirottare e che comunque quel Piano è come la metaforica coperta corta: se ti copre i piedi non può fare altrettanto con la testa.
Constatato altresì che gli aiuti destinati al caro bollette si sono già mangiati tutte le risorse rastrellate nelle cosiddette pieghe di bilancio ma soprattutto che i comuni italiani sono eternamente al verde, ecco che torna ad aggirarsi sulle capocce dei già tartassati contribuenti italiani un fantasma chiamato Irpef.
Detto altimetri il governo dei migliori, per far cassa, potrebbe ricominciare a mettere le mani nelle tasche già semivuote degli italiani aumentando una delle tasse più odiate dell’emisfero nord. In un provvedimento governativo approvato pochi giorni fa e non ancora pubblicato in Gazzetta (di qui il suo parziale anonimato) si legge infatti che “al fine di favorire il riequilibrio finanziario, i comuni capoluogo di provincia che hanno registrato un disavanzo di amministrazione pro-capite superiore ai 500 euro possono sottoscrivere un accordo per il ripiano” con il governo.
Detto diversamente, potranno adottare misure di buon senso (e fin qui non si può che essere d’accordo) come tagli alla spesa ma avranno anche facoltà (ecco la fregatura) di “deliberare l’incremento dell’addizionale comunale all’Irpef in deroga al limite previsto” (l’8 per mille che è stato già raggiunto dal 45% dei comuni dove vivono i tre quarti degli italiani). Da aggiungere che la norma potrà essere applicata anche ai comuni capoluogo di provincia con un debito pro capite superiore ai mille euro. Vabbè, direte voi ma per far scattare la tagliola servono precisi requisiti che restringono la platea e riducono il rischio per i contribuenti. Mica tanto.
Il Sole 24 Ore è andato a spulciare i bilanci degli enti locali e ha stilato l’elenco degli enti locali che già ora si trovano nelle condizioni previste in virtù delle quali, appena trascorsi i 60 giorni previsti dalla legge, potranno tranquillamente far partire l’operazione spremitura. Nella lista dei 500 euro di deficit per abitante ci sono 10 città, tra cui anche le quattro che già possono tassare oltre il limite coi patti governativi.
Ebbene, tra di esse, partendo da quelle con il rosso più elevato, figurano anche Frosinone e Rieti. Nei grafici pubblicati dal quotidiano confindustriale si legge che Frosinone ha un deficit di 634,3 euro ad abitante. Rieti sta messa peggio: il deficit è di 1121,8 euro. Calma e gesso. Stiamo parlando di mere ipotesi. Vale a dire: qualora il governo tornasse a pretendere dai comuni l’ennesima stangata (0,2 di aumento dell’addizionale), i comuni interessati potrebbero (sottolineo potrebbero, quindi non vi è assolutamente nulla di certo) cercare la grana nella direzione fin qui esposta. Se ne riparlerà verosimilmente dopo le elezioni.