“Mai un bambino potrà varcare la soglia del carcere”, è questo il succo della proposta di legge passata alla Camera (e che aspetta il voto finale al Senato) che mira ad evitare che i bimbi fino a sei anni finiscano in carcere con le proprie madri. La questione della “maternità ristretta” è tornata tra i temi dimenticati
dell’universo penitenziario ed oggi più mediatica che mai dopo la proposta che porta il nome del primo firmatario, il deputato Dem Paolo Siani.
Le madri sarebbero collocate così in case famiglia protette, insieme ai lori figli. Perchè, come ha spiegato Siani “qui il bambino non ha alcuna percezione di vivere in un carcere, può crescere meglio e avere migliori rapporti con la sua mamma che è sicuramente più serena e più pronta anche a cambiare e a redimersi. Lo sviluppo del cervello di un bimbo è più veloce nei primi due anni di vita e molto influenzato dall’ambiente in cui vive. E sarà influenzato in maniera positiva se l’ambiente è stimolante, mentre se cresce in un carcere il suo cervello avrà solo effetti tossici”.
Secondo le statistiche ufficiali aggiornate al 31 dicembre 2021 sono 16 le madri presenti nelle carceri italiane, con un totale di 18 bambini al seguito. La maggior parte di queste si trova collocata nell’Icam di Lauro, in Campania. Il picco delle madri detenute insieme ai propri figli negli ultimi 20 anni si è registrato nel 2001. In questo anno le detenute madri straniere e italiane in carcere erano 79 con 83 bambini al seguito. Il numero delle ristrette con figli è diminuito nel corso degli anni, con dei picchi improvvisi come nel 2018 che ha visto 57 madri detenute insieme a 66 bimbi.
Cosa è stato fatto fino ad oggi
Nel corso degli anni, la legislazione del sistema carcerario ha cercato di migliorare gradualmente le condizioni di madri e bambini. Nel 1975 la questione è diventata rilevante dal punto di vista legislativo con la legge n. 354, “Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”, che si concentra per la prima volta sulle condizioni delle donne incinte e madri nelle carceri, consentendo la detenzione dei bambini fino a tre anni di età. Con il decreto del Presidente della Repubblica n. 431 del 1976 sono stati introdotti specialisti nei carceri come pediatri, ginecologi, ostetrici, infermieri e assistenti all’infanzia e a tutela della salute delle madri e dei bambini.
Dieci anni dopo, nel 1986 è stata varata la legge n. 663, detta “legge Gozzini” che ha introdotto la possibilità di una detenzione domiciliare in caso di buona condotta della madre per pene non superiori ai 2 anni e a condizione che i figli fossero conviventi e di età inferiore ai 3 anni.
La legge n. 165 del 27 maggio 1998, conosciuta come “legge svuota carceri” ha aumentato da 2 a 4 anni il limite di pena che era possibile scontare presso la propria abitazione, portando a 10 anni l’età del figlio/a, purché convivente con la condannata. La legge n. 40 dell’8 marzo 2001 detta “legge Finocchiaro”, ha avuto il merito di introdurre due provvedimenti specifici per le madri con figli di età fino ai 10 anni: la detenzione domiciliare speciale e l’assistenza esterna dei figli minori.
Una legge anche per le donne incinte
Con 241 voti favorevoli e 7 contrari, la Legge Siani denominata “Tutela del rapporto tra madri detenute e figli minori” vedrebbe reso assoluto il divieto di applicazione di custodia cautelare in carcere anche per le donne incinte, salvo esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. Come ha spiegato Siani: “La riforma si è resa necessaria in quanto in precedenza la possibilità di ricorrere a misure alternative alla detenzione era difficilmente applicata, quasi sempre la donna che commetteva il reato veniva arrestata e portata in carcere, e con lei il figlio minore. Ora invece, con la nuova legge, c’è l’obbligo di segnalazione immediata dello stato di gravidanza della donna o della presenza di un figlio, in seguito alla quale il giudice è obbligato a scegliere misure alternative alla detenzione in carcere (tranne nei casi di estrema pericolosità della detenuta)”.