Raddoppiare gli abbattimenti di cinghiali fino a 50 mila, rispetto a quelli previsti nell’ultima stagione venatoria 2021-2022. È quanto prevede il piano regionale di interventi urgenti per la gestione, il controllo e l’eradicazione della peste suina africana nel Lazio. I dati regionali documentano infatti che nel corso dell’attività venatoria della stagione 2021-2022 sono stati abbattuti circa 25.000 esemplari su una popolazione di 75.000 esemplari (le aree a maggiore densità sono quelle di Roma, Viterbo e Rieti). Numeri che ora devono essere moltiplicati per due. La regione inoltre sottolinea che “gli abbattimenti riferiti alla stagione venatoria 2021-2022 rappresentano circa il 30% della popolazione di cinghiali presente sul territorio. L’obiettivo del piano triennale quindi è attenuare il rischio di introdurre la malattia in territori indenni – si legge in un documento della Pisana -. La peste suina è «una malattia infettiva contagiosa causata da un virus (Asfivirus), in grado di causare elevata mortalità nei suidi sia domestici che selvatici di qualsiasi età e sesso», può portare ad avere un impatto economico rilevante, con gravi ripercussioni sulla redditività del settore degli allevamenti e incidendo in modo significativo sulla produttività del settore agricolo”. Ne consegue che l’unico strumento a disposizione per contenere tale impatto, per la regione sarebbe l’individuazione precoce dell’ingresso della malattia e «l’attuazione tempestiva di misure di contenimento della sua diffusione». Non esiste cura «né vaccino al Virus della peste suina, pertanto difficile contenere la sua diffusione, in grado di provocare gravissimi effetti sul patrimonio faunistico, zootecnico e nel settore della lavorazione delle carni», è stato precisato nelle motivazioni del piano. Con buona pace di qualche buontempone che ha proposto di non uccidere gli ungulati ma di adottarli.