Sulla porzione nord del Lazio, questa prima metà di 2022 sembrerebbe aver concentrato una porzione di sfiga che la metà basterebbe. Ci riferiamo soprattutto ai guai che il settore primario, detto in altri termini agricoltura, è chiamato ad affrontare quotidianamente.
Non bastavano i cinghiali infetti la cui diffusione rischia di mettere in ginocchio decine di allevamenti suini con tutte le drammatiche conseguenze del caso che chiunque può immaginare. Ora ci si mette anche il caldo africano (causa della siccità) che già da maggio, salvo brevi, irrilevanti tregue, si è abbattuto in genere su tutto il Paese. Provocando, manco a dirlo, notevoli danni alle colture. E’ per tale ragione che Confagricoltura Lazio ora evoca, legittimamente, l’emergenza e sull’argomento elenca una serie di problematiche evocando l’adozione di rimedi, conosciutissimi ma fino ad oggi rimasti su carta. Si parla ovviamente dei bacini idrici.
“Diversi bacini realizzati nel territorio dell’Alto Lazio consentirebbero sia un aumento del volume di acqua utilizzabile in agricoltura, sia una riduzione dei consumi energetici, migliorerebbero la qualità dei prodotti e concilierebbero i tre diversi connotati della sostenibilità”, spiega il presidente Remo Parenti, che prosegue: “I segnali di forte cambiamento climatico con temperature medie in buona parte dell’Europa occidentale su valori prettamente estivi e totale assenza di piogge o quasi, sono ormai accertati. Nelle nostre zone l’eccessivo caldo sta impedendo la corretta maturazione dei cereali, già colpiti dalla siccità dei mesi scorsi, con probabili forti perdite nella produzione. Ma danni si registrano sui foraggi, nell’ortofrutta e conseguenze negative anche negli allevamenti. Soprattutto si accentua il già marcato deficit idrico degli ultimi mesi. Continuando questo trend climatico, temo che non ci sarà coltura agricola che non avrà bisogno di supporto irriguo, grani compresi”.