Non bastava il rincaro sciagurato delle materie prime, del costo energetico, dell’inflazione (una cambiale occulta, non dimentichiamolo). A rischiare di mettere in ginocchio l’economia laziale, quella reatina in particolare, ci si è messa anche la siccità. In altri termini: in un momento storico in cui avremmo bisogno di una maggior produzione di grano e cereali, un insieme di fattori climatici stanno spingendo nella direzione contraria.
Coldiretti stima che nel reatino quest’anno ci sarà un vistoso calo dei raccolti di grano e cereali del 20/30%, dovuto all’assenza di pioggia ma anche al caro carburanti (che limita le lavorazioni sul terreno), al caro energetico (con le motopompe messe quanto più a riposo), al caro concime e, dicevamo, alla insufficienza di piogge sul nostro territorio.
“Un problema enorme per la nostra provincia – dichiara il presidente di Coldiretti Rieti, Alan Risolo – che cade proprio nel periodo in cui avremmo bisogno di una maggior produzione di grano: la siccità proprio non ci voleva”. Per comprendere la portata del problema ci sono i numeri forniti dalla banca dati meteo del centro appenninico “Carlo Jucci” a Terminillo dell’università agli studi di Perugia, che parlano di piogge più che “dimezzate nei primi cinque mesi dell’anno in corso rispetto alla media degli ultimi dieci anni, prendendo a riferimento sempre lo stesso periodo – si legge nello studio -. Così, se mediamente, da gennaio allo scorso maggio cadevano 413 millimetri di pioggia, vale a dire 413 litri per metro quadro di terra, nel 2022 quel numero si è ridotto a 183 millimetri. Eccezion fatta per il mese di aprile, si apprende ancora dal centro appenninico, in tutti gli altri presi a riferimento le precipitazioni sono state abbondantemente sotto la media, il che porta a dire che stiamo vivendo una stagione eccezionalmente secca. Senza contare che temperature alte e vento hanno anticipato di un mese l’arrivo dell’estate con effetti negativi sulla produzione del grano perché, sostengono gli esperti in materia, il chicco non si è riempito come avrebbe dovuto essendogli mancata l’acqua”. Motivo per cui, aggiunge Risolo, “non riusciamo a produrre quanto dovremmo”.
“La carenza di risorse idriche non è più un problema contingente, ma che si ripete da anni – aggiunge il presidente di Coldiretti -: la scarsità di neve sulle montagne comporta la mancata alimentazione dei bacini di acqua e l’ipotesi di raccolta di acqua piovana non si sta realizzando; a soffrire di più sono le colture stagionali, tipo quelle dei cereali. Tra un po’ avrà inizio la trebbiatura e ci aspettiamo una produzione di grano in calo del 20/30%”.
I dati al livello regionale fanno altrettanto rabbrividire. Nel Lazio: a causa della siccità si contano già danni per oltre 250 milioni di euro secondo la Coldiretti. Costi che riguardano investimenti sostenuti per le semine, aggravio di spese per gasolio o corrente per irrigare, mancata produzione diretta di foraggio per gli allevamenti e mancato reddito per ortofrutta e cali produzione per vino e olio, che sono le più colpite. Mentre Roma e il Lazio stanno con il fiato sospeso per il calo dei livelli del lago di Bracciano riserva idrica della Capitale.