A modo suo anche Mozart fu un “ladro” di musica. A maggior gloria di Dio e della musa Euterpe. Vengo e vi spiego. E’ l’11 aprile del 1770, piena Settimana Santa. Il giovane compositore austriaco se ne sta sotto le volte michelangiolesche della Cappella Sistina ad ascoltare un concerto molto particolare. Al suo fianco ci sono il padre Leopold e un servitore.
Cosa stanno ascoltando i tre? Qualcosa di assolutamente raro e segreto: il Miserere di Gregorio Allegri, compositore, presbitero e cantore di un certo talento vissuto un secolo prima. Il Miserere di Allegri ha una particolarità: è un brano secretato, eseguito soltanto due volte l’anno e considerato talmente prezioso che ai musicisti è vietato, pena la scomunica, farne uscire dalle sacre mura anche l’ultima semibiscroma. A copiarne o trasmettere l’intero spartito si rischia addirittura la ghirba. Ebbene, cosa accade durante quell’esibizione? Accade quel che nessun prete, arciprete, vescovo e cardinale può sia pure lontanamente immaginare: e cioè che Mozart memorizzi alla perfezione, nota dopo nota, la musica di Allegri. Un calcolatore di ultima generazione non avrebbe potuto fare di meglio.
Ora, c’è da dire che di questa sorta di “furto musicale” del geniale compositore se ne parla da un paio di secoli e più di qualche storico ha messo in dubbio l’autenticità del fatto. E invece è tutto vero. E lo dimostra Giacomo Cardinali nel suo ultimo, spassosissimo romanzo storico “Il giovane Mozart in Vaticano. L’affaire del “Miserere” di Allegri” (Sellerio, 258 pagine, 18 euro). Prima di scrivere il libro, sia chiaro, Cardinali si è procurato nuovi e talora inediti documenti, andandoli a scovare nell’Archivio Apostolico e nella Biblioteca Vaticana, In questo modo è riuscito a mettere insieme il materiale necessario ad affrescare un racconto ironico e leggero ma che si fonda su solidi elementi storici e documentali.
Mozart era arrivato nella Capitale, ultima tappa di una sorta di tour promozionale voluto dal padre Leopold per far conoscere (e tirar su qualche lira) il proprio fenomenale pargolo, dopo aver visitato Milano, Bologna e Firenze. Il terzetto arriva nella Città Eterna a bordo di una diligenza zuppa fradicia nei giorni che precedono la Pasqua del 1770. Posati i bagagli, la comitiva fa in tempo a partecipare all’Ufficio delle Tenebre del Giovedì Santo in Cappella Sistina dove tornerà due giorni dopo per la liturgia del Sabato Santo. Ed è proprio in queste due occasioni che, come da tradizione, viene eseguito il “Miserere” in un quadro peraltro abbastanza comico considerando che i cantori papali responsabili di stecche vengono severamente redarguiti e multati. Tra le gli sghignazzi soffocati in gola del genietto salisburghese.
Insomma, incrociando le nuove fonti con la cronaca del tempo e la corrispondenza di Mozart stesso, Cardinali (che, sia detto per inciso, è filologo e paleografo oltre che aiuto scriptor della Biblioteca Apostolica Vaticana) ci consegna non solo i dettagli dell’affaire del “Miserere”, con Wolfang che a fine concerto torna di corsa nella locanda in cui soggiorna e traspone nero su bianco lo spartito fissato mentalmente, ma anche la partecipazione di straforo di padre, figlio e servente ad un pranzo offerto dal Papa dopo la lavanda dei piedi. L’autore sagoma alle spalle dei protagonisti le quinte di una Roma papalina di fine settecento riprodotta con acribìa filologica. Dove il tempo è scandito dagli editti dl governatore Casali (alcuni anche abbastanza comici come il divieto di tirar palle di neve o quello di fare il bagno ai minori di vent’anni nel Tevere). Dove le controversie sindacali dei cantori sistini hanno qualcosa di surreale ma di tremendamente attuale. Dove si litiga per una raccomandazione. Dove non mancano gli intrighi che si trasformano in risse con lanci di broccoli e immondizia. La Roma di sempre, insomma. Ma soprattutto dove, gran finale!, un Mozart trionfante, esegue il Miserere durante un ricevimento alla presenza di papa Clemente XIV. Il quale, in un primo momento sbianca in volto quando si rende conto che qualcun altro si è appropriato della composizione di Allegri. Ma quando viene a sapere come è stato consumato quel “furto”, si alza in piedi ad applaudire quel piccolo fenomeno e lo decora con il titolo di Cavaliere dello Speron d’Oro.