La carenza d’acqua non preoccupa soltanto chi è abituato a farsi quattro docce al giorno o a innaffiare i pomodori trenta volte al dì. E non riguarda soltanto, e con conseguenze assai più gravi, il settore primario (l’agricoltura ndr). L’emergenza idrica, e forse ai più la cosa sfugge, rischia di cacciare nei guai anche le imprese artigiane italiane. Ce ne sono 71mila lungo tutto lo stivale e danno lavoro a 287mila connazionali. Si tratta di aziende a forte intensità di utilizzo dell’acqua. Di qui le ambasce in questi giorni di caldo maledetto e di carenza del prezioso liquido.
L’allarme lo lancia Confartigianato che segnala l’impatto del deficit idrico sulle attività delle piccole imprese.
Tra i settori più idro-esigenti Confartigianato indica quello estrattivo, seguito da tessile, petrolchimico, farmaceutico, gomma, materie plastiche, vetro, ceramica, cemento, carta e prodotti in metallo.
“Complessivamente, in questi dieci comparti manifatturieri con il più elevato uso di acqua si concentra il 69,3% dei consumi delle imprese di produzione, pari a 12,1 litri di acqua per euro di produzione, per un totale di 118mila aziende che occupano 1 milione 268mila addetti” si legge in un comunicato.
Tra le criticità segnalate da Confartigianato, il calo del 39,7% della produzione idroelettrica nei primi cinque mesi del 2022 e la dispersione della risorsa idrica a causa delle cattive condizioni delle infrastrutture. Con il risultato che il 36,2% dell’acqua immessa nella rete nazionale, pari a 0,9 miliardi di metri cubi, non arriva ai rubinetti degli italiani.
In alcune zone del Paese la dispersione supera addirittura il 70%. Massima criticità a Chieti con il 71,7% di dispersione idrica. Seguono a breve distanza Latina, con il 70,1% di acqua dispersa, Belluno (68,1%) e Siracusa (67,6%). Le cose non vanno meglio a Caserta (64,4%), Massa (62,9%), Sassari (62,9%), Rieti (62,7%), Salerno (62,4%), Potenza (61,4%), Pescara (58,9%), Benevento (58,7%), Campobasso (55,6%), Verbania (53,7%), Frosinone (53,6%), Cagliari (53,5%), La Spezia (53,4%), Oristano (53,4%), Messina (52,4%), Taranto (52%), Nuoro (52%), Prato (51,6%), Catania (51,3%), Vibo Valentia (50,9%), L’Aquila (50,7%), Agrigento (50,6%) e Isernia (50,1%).