Il rincaro di gas ed elettricità sta colpendo e mettendo in crisi tutti i settori. L’ultimo a far sentire la sua voce è stato, ieri, quello delle pompe funebri, rappresentato dalla Federcofit, la Federazione del comparto funerario italiano, che, in un documento inviato ai partiti e leader politici in vista delle elezioni del prossimo 25 settembre, ha denunciato come “l’aumento del costo dell’energia si riverserà inevitabilmente sul settore dei servizi funebri e inciderà nell’imponente crescita del numero delle cremazioni in tutta Italia”.
Il ricorso alla cremazione, infatti, è una procedura in crescita esponenziale nel Belpaese: “nel 2021 – spiegano gli addetti al settore – nel nostro Paese sono state effettuate in totale oltre 290mila cremazioni, in aumento rispetto alle 277mila del 2020, che posizionano l’Italia al quarto posto in Europa dopo la Gran Bretagna, la Germania e la Francia”. Un dato in continua crescita ma ora minato dai “clamorosi aumenti delle bollette che condizioneranno i prezzi delle cremazioni a carico delle famiglie dolenti, mentre, in caso di un ritorno ai metodi di sepoltura tradizionali, si corre il rischio che molti cimiteri non siano preparati ad assorbire le richieste di loculi e tombe” dicono da Federcofit.
La federazione quindi chiede un intervento dello Stato a favore delle famiglie. Ma, nella sua nota, Federcofit batte cassa (la battuta è del tutto involontaria, nda) anche in riferimento alla necessità di prevedere sostegni pubblici per le imprese del settore rappresentato “che negli ultimi 15-20 anni hanno realizzato centinaia di strutture funebri, le cosiddette ‘case funerarie’, con investimenti di centinaia di milioni”, reclamando anche maggiori attenzioni da parte dello Stato per “il servizio sempre garantito in periodo pandemico, anche in assenza di protezioni, portando empatia alle famiglie colpite dal lutto in così tragiche circostanze” e a fronte del quale la risposta dello Stato “è stata il totale disconoscimento dell’azione e dei meriti della categoria in frangenti così difficili”.
Il documento di Federcofit affronta infine anche la questione cruciale di una riforma della legislazione di riferimento nazionale, ancora ferma al DPR 285/90, vecchia cioè di oltre trent’anni.