Nella Tuscia, le infiltrazioni mafiose risultano tipicizzate “dalla presenza di organizzazioni autoctone attive nel narcotraffico, nell’usura, nelle estorsioni e nella commissione di reati di tipo predatorio” inoltre il territorio è caratterizzato “dalla presenza di soggetti contigui alle tradizionali organizzazioni mafiose, ed in particolare alla ‘ndrangheta”. E’ quanto scrive nero su bianco la Direzione Investigativa Antimafia nella recente relazione semestrale (luglio-dicembre 2021) consegnata al Parlamento.
Nel paragrafo dedicato a Viterbo ed alla sua provincia, gli investigatori segnalano soprattutto il singolare caso dello “sfarzoso spettacolo pirotecnico nella strada che costeggia il penitenziario, che sarebbe stato organizzato per festeggiare l’arrivo di 300 detenuti, la maggior parte di alta sicurezza, trasferiti dal carcere di Frosinone a quello di Viterbo”.
L’episodio è avvenuto lo scorso novembre con un inatteso spettacolo di fuochi d’artificio, proprio a ridosso delle mura del reparto dove sono reclusi i detenuti dell’alta sicurezza, fra cui anche personaggi di spicco (alcuni dei quali condannati all’ergastolo) di camorra, mafia siciliana e ‘ndrangheta.
La Dia ipotizza che tale avvenimento possa essere considerato “come un segnale della presenza di gruppi di ‘ndrangheta riconducibili ai MOLLICA, TROVATO, NUCERA , GIAMPÀ, MAMMOLITI, LIBRI, ZUMBO-GUGLIOTTA, nonché ai PIROMALLI e alle compagini autoctone dei CASAMONICA, quest’ultimi interessati principalmente all’area di Tarquinia (VT) e Montalto di Castro (VT) dove significativi investimenti hanno portato all’acquisizione di numerose attività”.
Dal rapporto si evince anche una presenza di appartenenti al mondo della camorra “allo stato attuale più contenuti rispetto a quelli di altre formazioni criminali anche se non mancherebbero proiezioni di sodalizi campani anche in queste zone come ad esempio in settori economici soggetti all’influenza da parte di elementi riconducibili al clan SARNO”.
Importante anche la presenza di una nutrita componente di criminalità albanese dedita non soltanto a furti e a reati di criminalità diffusa ma anche a traffici di stupefacenti su larga scala. Nel viterbese inoltre i clan opererebbero anche in maniera silente riciclando proventi illeciti e per quanto riguarda il traffico di stupefacenti rivolgono l’attenzione non solo alle realtà criminali più frequentate del litorale romano e del basso Lazio ma anche a rifornire alcune importanti piazze di spaccio delle regioni limitrofe e nella ricerca, seppure rivelatasi illusoria e infruttuosa grazie alla intensa attività investigativa costantemente svolta, di aree meno soggette alla pressione derivante da mirate attività di contrasto.