Non solo carenza di medici nel Lazio, come denunciato nei giorni scorsi dal gruppo regionale di Fratelli d’Italia, ma anche di pediatri che sono chiamati a farsi carico di molti piccoli pazienti in più, rispetto al numero previsto dalla normativa per garantire un livello di assistenza adeguata. Il limite fissato per ogni medico è di 800 bambini, ma già attualmente sono tanti, troppi, i medici che arrivano a seguire fino a mille piccoli pazienti, con tutte le difficoltà e le criticità del caso.
Il rischio è il caos nel servizio. I pediatri convenzionati con il servizio sanitario regionale sono sempre in numero minore, per colpa dei pensionamenti e la mancanza di nuovi ‘camici bianchi’ giovani e già specializzati, che possano subentrare. Molti dei pediatri in servizio sono anziani e prossimi anche loro al pensionamento.
A chiedere attenzione su questo stato di cose è il consigliere regionale della Lega, Daniele Giannini, che ha segnalato all’assessore alla Sanità, Alessio D’Amato, come la situazione sia grave a Roma, ma anche “una vera e propria emergenza nelle province, dove per una visita i bimbi possono arrivare a fare anche 70 chilometri prima di raggiungere lo specialista assegnato”.
Giannini, membro della Commissione Sanità, denuncia anche il rischio che le cose possano peggiorare a breve: “dal momento che il turnover non c’è o quel poco che c’è non riesce a stare al passo coi pensionamenti”.
Scegliere un pediatra per una famiglia è pressoché impossibile, bisogna anzi avere fortuna di trovarne uno libero vicino casa. In questi anni però la politica non è stata in grado di trovare soluzioni e ha assistito impassibile a una situazione che si sapeva essere tale.
“La soluzione nel lungo termine – spiega ancora il consigliere – può e deve essere quella di togliere il numero chiuso a medicina, che anche quest’anno ha impedito a decine di migliaia di nostri giovani volenterosi di poter accedere al corso di laurea, mentre nel breve termine occorre, da subito, che il Lazio segua l’esempio di regioni come Piemonte, Toscana ed Emilia Romagna e dia la possibilità agli specializzandi in pediatria del quarto e quinto anno di collaborare con gli studi convenzionati, non solo nella Capitale, ma in tutto il territorio laziale, in modo da rendere meno gravoso il lavoro dei pediatri rimasti in convenzione con il SSR del Lazio. Ad oggi se un pediatra non può lavorare, viene sostituito al massimo da un collega già in pensione. È un sistema che non può durare a lungo. Oggi come ieri, purtroppo, al di là della politica degli annunci, manca la volontà politica di intervenire e risolvere concretamente i problemi – conclude Giannini – cosa a cui, nella nostra regione, da molto tempo non siamo più abituati”.