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Lazio e Lombardia, Renzi mette in trappola il Pd. Frosinone: il question time non è uno sfogatoio

Licandro Licantropo
Il centrodestra invece, pur essendo maggioritario sia nel Lazio che a Roma, ha perso spesso. Per l’incapacità di fare squadra, ma anche per l’incapacità di scegliere un candidato realmente condiviso nei tempi giusti. Stavolta potrebbe essere diverso a patto di… decidere.
Novembre 4, 2022
Il leader di Italia Viva Matteo Renzi

“Se io fossi il segretario del Pd chiamerei di corsa Letizia Moratti e direi di andare insieme”. La frase di Matteo Renzi non è casuale e neppure limitata al futuro del Pirellone. Il leader di Italia Viva si “gode lo spettacolo” e lega le scelte che il centrosinistra dovrà effettuare nel Lazio e in Lombardia. Perché se nel Lazio al Pd, in teoria e sulla carta, potrebbe bastare l’alleanza con il Movimento Cinque Stelle, in Lombardia senza il Terzo Polo non ci sono speranze. Infatti Carlo Calenda, fondatore di Azione, si allinea immediatamente e spiega: “Noi siamo il centro, il Pd deve decidere se guardare verso il centro o verso il M5S. Io parlo con Enrico Letta, mi pare che il Pd non abbia un’esclusione sulla Moratti. Se si raggiunge un accordo si raggiunge, altrimenti no. Voglio vedere che succede nel complesso delle amministrative”. Ed è proprio quel “complesso” che risulterà decisivo. La Lombardia è una roccaforte del centrodestra e soprattutto della Lega. Una vittoria rilancerebbe il Pd in maniera forte, ma servirebbe a poco nel caso di sconfitta nel Lazio, che invece la coalizione amministra da dieci anni. La mossa di Matteo Renzi ancora una volta ha finito con il mettere i Democrat spalle al muro sul piano politico.

LE MANOVRE (NEPPURE SEGRETE) NEL LAZIO

Il continuo spostare la data delle dimissioni da parte di Nicola Zingaretti è dettato dal tentativo che il deputato e Governatore sta effettuando di recuperare l’alleanza con il Movimento Cinque Stelle. Lo sta facendo insieme a Goffredo Bettini, Claudio Mancini ed Enrico Gasbarra. Non chiudendo a nessun tipo di candidatura possibile, ovviamente concordata con i pentastellati. Nonostante tutto questo però, Giuseppe Conte mantiene tutti i suoi dubbi. Inoltre è “ingolosito” dai sondaggi che danno ormai per imminente un sorpasso che sarebbe storico. Proprio nei confronti del Pd e proprio dopo aver centrato un risultato importante alle politiche con una campagna elettorale “contro” i Democrat. Ammesso però che alla fine si dovesse raggiungere un accordo, resterebbe il problema del Terzo Polo, ormai pronto a lanciare nella mischia Alessio D’Amato. Rilanciando sulla Lombardia e su Letizia Moratti, Matteo Renzi ha ulteriormente scompaginato la situazione. Fra le altre cose nel giorno in cui per la presidenza della Lombardia di fatto si autocandidava l’economista Carlo Cottarelli. Per il Pd. Il fatto insuperabile in questo mare di ipotesi è però che il 25 settembre Pd, Cinque Stelle e Terzo Polo si sono presentati ognuno per conto proprio alle politiche e che in Parlamento stanno interpretando tre opposizioni differenti. Tra Lazio e Lombardia la coperta rischia di essere ancora una volta corta. Inoltre non si chiariscono alcune situazioni che hanno invece una grande importanza. Per esempio il ruolo del vicepresidente del Lazio Daniele Leodori. Qualora il Campo largo, anche se parzialmente, dovesse essere ricostruito, sarebbe ancora lui il candidato alla presidenza? A dire una parola definitiva su questo dovrebbe essere Nicola Zingaretti, che invece finora si è distinto per un dribbling dietro l’altro.

I TEMPI DEL CENTRODESTRA

Sia nel Lazio che a Roma il centrodestra, pur essendo maggioritario, ha perso spesso. Per l’incapacità di fare squadra, ma anche per l’incapacità di scegliere un candidato realmente condiviso nei tempi giusti. Dandogli la possibilità di fare una campagna elettorale in lungo e in largo, Comune per Comune, quartiere  per quartiere. Nel 2013 e nel 2018 Nicola Zingaretti ha vinto anche grazie alla divisione degli avversari, che sono sempre arrivati all’ultimo minuto per sciogliere tutte le riserve. Stavolta potrebbe essere diverso a patto di… decidere. Intanto il partito che deve indicare l’aspirante presidente. Tutti gli “indizi” portano a Fratelli d’Italia, ma non c’è l’ufficialità. Inoltre nomi come quelli di Chiara Colosimo, Fabio Rampelli e Francesco Rocca non possono essere lasciati sulla graticola per settimane. In secondo luogo va definita la coalizione con Lega, Forza Italia e Noi Moderati. Poi bisognerà formare le liste nelle cinque province e presentare i candidati al consiglio. Muoversi in anticipo o nel rispetto dei tempi sarebbe un segnale di discontinuità nei confronti del passato. I segretari regionali Paolo Trancassini (Fratelli d’Italia), Claudio Durigon (Lega) e Claudio Fazzone (Forza Italia) dovrebbero accelerare.

IL QUESTION TIME

Le sedute del consiglio comunale di Frosinone sulla risposta alle interrogazioni servono davvero? Secondo noi no. I punti fermi sono: tanti assenti e tasso di litigiosità enorme, tra maggioranza e opposizione, ma spesso anche tra assessori e consiglieri. Inoltre i temi sollevati o vanno oltre le competenze della giunta e del sindaco, oppure sono stati già affrontati e definiti. L’impressione che trasmettono le sedute è quella di uno “sfogatoio” che ha poco a che fare con il consiglio comunale. Le interrogazioni e le interpellanze possono tranquillamente essere presentate per iscritto e poi l’assessore competente risponde, anche in aula, durante la seduta ordinaria. Il question time è nato male e si è sviluppato peggio. Sarebbe il caso di ripensarlo.

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