Poche e con posti insufficienti. Con centinaia di condannati o imputati, malati, in attesa. Con ‘liste’ che vanno dai 10 mesi ad oltre un anno. Persone, condannate anche per gravi e violenti reati, per i quali è stato disposto il ricovero, poiché pericolosi e necessitanti di adeguata assistenza psicologica e medica. Parliamo delle le Rems, ovvero le Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza che, da una decina di anni, hanno sostituito gli ospedali psichiatrici giudiziari.
In tutto il Lazio, quelle attivate (e molte solo di recente, nonostante l’annosità della norma) sono solo 6: due a Palombara Sabina ed una rispettivamente a Ceccano, Pontecorvo, Rieti e Subiaco.
Pur riconoscendo che le Rems “funzionano molto bene, con professionalità molto qualificate che operano con grande impegno”, il garante dei detenuti del Lazio, Stefano Anastasia, intervenendo alla giornata di presentazione del corso di formazione per operatori di tali strutture ieri ha denunciato come: “Le Rems sono costrette ad affrontare problemi che non sono in grado di risolvere: le liste d’attesa sono il sintomo di una malattia che si manifesta nella fobia che il sistema di giustizia ha nei confronti dei malati di mente, sempre e comunque considerati pericolosi, e nella insufficienza della rete dei servizi sul territorio”.
Le Rems, come detto, sono strutture per l’accoglienza di persone affette da disturbi mentali, autori di fatti che costituiscono reato, a cui viene applicata dalla magistratura la misura di sicurezza detentiva del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell’assegnazione a casa di cura e custodia. La gestione delle Rems spetta alle Asl, benché l’accesso dei ricoverati avvenga su disposizione della magistratura per tramite del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.
Uno dei maggiori ostacoli riscontrato è il rispetto degli standard di sicurezza richiesti. Per il garante, però, questi problemi non si risolvono aumentando i posti letto in Rems, ma intervenendo sulle cause del sintomo: “Aumentando la loro capienza – ha detto Anastasìa -, crescerà la richiesta di internamento in Rems. Piuttosto che costruire nuove Rems, gli investimenti vanno fatti fuori, nella capacità di presa in carico del sistema di salute mentale sul territorio, per prevenire i fatti di reato e per sostenere i percorsi terapeutici di chi li abbia commessi, altrimenti il fuori continuerà a mandare gente dentro, in una spirale senza fine”.
Nel Lazio le strutture sono insufficienti e i posti disponibili ancor meno, tanto che lo scorso anno, la Corte costituzionale ha aperto un’istruttoria sullo stato delle Rems dopo aver ricevuto la segnalazione del Giudice per le indagini preliminari di Tivoli sulla mancata esecuzione, a distanza di un anno, di un provvedimento restrittivo a carico di un imputato, ritenuto molto pericoloso.
I dati raccolti dalla magistratura costituzionale, su base nazionale, dicono che sono tra 670 e 750 le persone attualmente in lista d’attesa per l’assegnazione ad una Rems e che i tempi medi di attesa sono di circa dieci mesi, ma anche molto più lunghi in alcune Regioni. Molte delle persone in attesa – ritenute socialmente pericolose dal giudice – hanno commesso gravi reati, anche violenti. Il Lazio non sfugge a questa statistica.
Il Gip di Tivoli aveva anche sollevato la questione di legittimità costituzionale della disciplina sulle Rems, che affida ai sistemi sanitari regionali una competenza esclusiva nella gestione delle misure di sicurezza privative della libertà personale disposte dal giudice penale, sollevando il ministero della Giustizia da ogni responsabilità in materia, in potenziale contrasto – in tal senso – con il dettato dall’articolo 110 della Carta, lì dove prevede che il dicastero di via Arenula si occupi di “organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia”.
Il Giudice delle leggi ha deciso sul caso con la sentenza n. 22/22 (!) dello scorso gennaio dichiarando inammissibili le questioni sollevate dal Gip, ma allo stesso tempo riconoscendo che “l’applicazione concreta delle norme vigenti in materia di Rems nei confronti degli autori di reato affetti da patologie psichiche presenta numerosi profili di frizione con i principi costituzionali, che il legislatore deve eliminare al più presto. Serve dunque una nuova legge che ‘aggiusti il tiro’. Il parlamento batta un colpo.