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Regionali: Colosimo in pole nel centrodestra. Tutto il caos del Pd verso il congresso

Licandro Licantropo
Non tramonta l’ipotesi Francesco Rocca e Fabio Rampelli rimane nella rosa dei nomi tra i quali a breve Giorgia Meloni sceglierà.
Novembre 19, 2022
Chiara Colosimo (FdI), consigliere regionale del Lazio

Secondo Il Corriere della Sera nelle ultime ore stanno risalendo vertiginosamente le quotazioni di Chiara Colosimo come possibile candidata del centrodestra alla presidenza della Regione Lazio. Anche se l’ipotesi Francesco Rocca resiste e Fabio Rampelli rimane nella rosa dei nomi tra i quali Giorgia Meloni sceglierà. In gioco pure Nicola Procaccini e Paolo Trancassini, ma la Colosimo in questo momento appare in vantaggio. Per una ragione: Fratelli d’Italia stavolta non vuole correre rischi nel Lazio e Chiara Colosimo è l’unica che può replicare a livello regionale l’effetto Meloni sul piano nazionale.

CAOS SU CAOS NEL PD

Adesso nel Partito Democratico si parla di anticipare al 19 febbraio le primarie per eleggere il nuovo segretario nazionale. Le candidature dovrebbero essere presentate il 27 gennaio. Nel Lazio si voterà il 5 o il 12 febbraio, quindi a metà di una “corsa” per la leadership del partito che promette rese dei conti senza appello. In tutto questo si è pensato bene di imbrigliare ulteriormente il candidato alla presidenza del Lazio, Alessio D’Amato. Ma chi glielo ha fatto fare? Più di qualcuno inizia a chiederselo ad alta voce. Dopo essere stato indicato dal partito, a D’Amato è stato imposto di procedere con una serie di incontri bilaterali che nascondono il vero obiettivo dei vertici del Pd: provare ancora a ricucire con il Movimento Cinque Stelle, stavolta su base programmatica, per resuscitare il Campo largo. Insomma, supplicare e supplicare ancora Giuseppe Conte. Ma vale davvero la pena? Vale la pena “elemosinare” un’alleanza che ha dimostrato di non poter reggere alla prova dei fatti? Non sarebbe preferibile giocarsi la partita con la propria identità ed eventualmente ripartire dalla sconfitta? Evidentemente no, perché una doppia batosta alle regionali (Lombardia e Lazio) potrebbe avere l’effetto di “rottamare” un’intera classe dirigente del Partito Democratico. A quel punto davvero il nuovo segretario avrebbe “licenza di uccidere” le correnti. Politicamente s’intende. Con Nicola Zingaretti defilato, con Daniele Leodori deluso che più deluso non si può, con Massimiliano Smeriglio che potrebbe cedere ai corteggiamenti dei Cinque Stelle, il modello Lazio degli ultimi dieci anni non esiste più. Anche in provincia di Frosinone il Pd sta provando a capire quale tipo di leadership e di governance verrà fuori dal congresso. Di certo Nicola Zingaretti non è più il punto di riferimento di Pensare Democratico di Francesco De Angelis. Domani mattina a Frosinone si riunisce la direzione provinciale dei Democrat, allargata agli amministratori locali. Si tratterebbe (il condizionale è obbligatorio quando si parla di Pd) di indicare il nome (o i nomi) per la presidenza della Provincia. Ce ne sono due: Giuseppe Sacco e Luca Di Stefano. Francesco De Angelis ha fatto capire che è meglio che si esprimano sindaci e consiglieri, senza impegnare il partito. Alla fine però una decisione dovrà essere presa e comunque siamo sicuri che emergerà una linea unitaria? Per nulla. Prepariamoci all’ennesima “corrida”. Il Pd si è disabituato al dissenso interno negli organismi dirigenti. Tutti gli ultimi congressi sono stati decisi a tavolino e quando si è arrivati al voto gli accordi erano stati siglati prima. Forse dividersi alla luce del sole in direzione potrebbe rappresentare l’ultimo dei problemi. Tanto in ogni caso la storia politica recente in Ciociaria dimostra che chi va in minoranza, poi fa scattare il piano alternativo avvalendosi dei “franchi tiratori”.

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