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Caso Soumahoro: gli inquirenti parlano di ‘spregiudicatezza criminale’

Marco Battistini
La moglie del parlamentare, la madre e due fratelli sono accusati di frode attraverso un paio di società fittizie.
Dicembre 16, 2022
Aboubakar Soumahoro con la moglie Liliane Murekatete, anch'essa indagata

C’erano due società-schermo, sostanzialmente fittizie, il Consorzio Aid e la Jambo Africa, che avrebbero emesso fatture per “operazioni inesistenti” ed effettuato anche bonifici verso l’estero.

E poi c’era la coop Karibu, che quelle fatture le avrebbe messe nei libri mastri e poi le avrebbe dichiarate come spese per evadere il fisco e giustificare la richiesta di finanziamenti pubblici per l’accoglienza e l’assistenza ai migranti, che però vivevano in condizioni di grave disagio.

Funzionava così, secondo la magistratura di Latina, il presunto “collaudato sistema” costruito negli anni da Marie Terese Mukamitsindo, la suocera del deputato Aboubakar Soumahoro, insieme ai figli Michel Rokundo e Liliane Murekatete, moglie del parlamentare, nel loro ruolo di amministratori della Karibu.

I tre, “seppure incensurati, hanno mostrato elevata spregiudicatezza criminale nell’attuare un programma delinquenziale a gestione familiare, protratto nel tempo” scrive il gip nell’ordinanza con cui ha disposto per loro il divieto per un anno di contrattare con la pubblica amministrazione e di esercitare imprese e uffici direttivi di persone giuridiche, oltre al sequestro di oltre 639mila euro a Mukamitsindo e di oltre 13mila ai due figli.

Insomma, un “illecito meccanismo fraudolento a gestione familiare” nel quale ognuno aveva un ruolo specifico ma tutti erano consapevoli: “Se indubbiamente Mukamitsindo ha svolto e svolge un ruolo centrale nella dinamica delittuosa – si legge nell’ordinanza – anche i figli hanno offerto consapevole e attiva partecipazione al meccanismo” perché erano nel cda della Karibu e quindi anche loro, secondo il gip, “indicavano, o comunque omettevano di vigilare affinché altri e in particolare la Mukamitsindo indicassero elementi passivi fittizi” nelle dichiarazioni al fisco. Oltre a loro, ci sono altri tre indagati: Richard Mutangana (anche lui figlio di Mukamitsindo), Ghislaine Ada Ndongo e Christine Kabukoma, che si sono succeduti a capo della Jambo. Società che, “per consentire alla Karibu l’evasione delle imposte”, emetteva fatture “relative a operazioni inesistenti”. 

LE ACCUSE

I fatti contestati vanno dal 2015 al 2019. In questo arco di tempo Karibu avrebbe messo in contabilità cifre ragguardevoli tra costi non documentati (come spese di viaggio, manutenzione di beni, vitto e alloggio) e fatture emesse da Jambo “per operazioni inesistenti”: oltre 500 mila euro nel 2015, per esempio, e oltre 1,6 milioni nel 2016. Ma risultano “anomale”, per i magistrati, anche le prestazioni che sarebbero state offerte da Jambo a Karibu (come corsi di lingua o di agricoltura, pocket money, manutenzione software) perché la Jambo non solo aveva “la sede legale allo stesso indirizzo della Karibu” ma “non aveva utenze intestate, né locali o beni in affitto” e risultava priva “dei beni strumentali per tali attività”. Inoltre le qualifiche societarie ricoperte nel corso degli anni da Mukamitsindo, Rokundo e Murekatete “confermano la prospettazione”: del cda di Karibu, dice in sintesi il giudice, hanno fatto parte la madre e i due figli; Aid è stata amministrata da Mukamitsindo, poi da Rokundo, e poi ancora da Rokundo insieme alla madre e a un’altra sorellastra, non indagata. Nel periodo di interesse la Jambo nel 2018 segnala cinque dipendenti tra cui due, Richard Mutangana e l’altra sorellastra, figli di Mukamitsindo.

Infine la Jambo nel 2019 “risulta aver ricevuto dalla Karibu dei bonifici” su un conto corrente, “utilizzati sistematicamente per disporre bonifici anche verso l’estero a diversi soggetti, tra i quali la Karibu Rw, Richard Mutangana“, e l’ex coniuge di quest’ultimo, non indagata.

“Gli importi contabilizzati dunque -conclude il gip- non solo non si riferiscono ad attività sociali, peraltro con prestazioni mai effettuate, ma addirittura sembrerebbero strumento per veicolare il trasferimento di denaro dalla Karibu alla Jambo e da quest’ultima all’estero”.

TUTELA DEI LAVORATORI

La Uiltucs di Latina tutelerà anche in sede penale i diritti degli ex lavoratori delle coop Karibu e Aid, colpite da un’indagine della procura, rimasti senza lavoro e con gli stipendi arretrati non pagati. Lo rende noto il sindacato. La Uiltucs pontina guidata dal segretario Gianfranco Cartisano ha assunto una nuova iniziativa.

“Si è appreso che il gip di Latina, su richiesta della Procura della Repubblica, ha emesso nei confronti dei componenti del cda della cooperativa Karibu e Consorzio Aid un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali e reali -si afferma dal sindacato- come è noto, Uiltucs Latina ha già da tempo segnalato a tutti gli enti preposti le molteplici e gravissime violazioni degli obblighi datoriali da parte delle società coinvolte nelle indagini, in danno di numerosi lavoratori dipendenti della suddetta cooperativa, e iscritti al nostro Sindacato, che da moltissimo tempo non hanno percepito retribuzione alcuna.

La Uiltucs Latina, a tutela dei propri iscritti, ha da tempo avviato tutte le doverose iniziative a tutela dei dipendenti che si sono rivolti al nostro sindacato. In considerazione dei recenti sviluppi investigativi, la nostra categoria ha ritenuto doveroso ampliare la sfera della tutela dei dipendenti della cooperativa iscritti a Uiltucs, anche nell’ambito del procedimento penale in ordine ai fatti in corso di accertamento. Per tale ragione il sindacato ha conferito incarico all’avvocato Renato Archidiacono di approntare tutte le opportune iniziative che potranno tutelare, anche in sede penale, i diritti dei lavoratori iscritti alla nostra categoria sindacale”.

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