Fino a quando non ha deciso di candidarsi alla presidenza della Regione Lazio Francesco Rocca era apprezzato da tutti come numero uno della Croce Rossa.
Poi, come sempre capita in questo Paese, è cambiato rapidamente il “sentiment” e a Rocca è stato attribuito di tutto. Vicende ed episodi anche veri, ma comunque lontanissimi nel tempo, superati e che nulla hanno a che fare con la campagna elettorale. L’ultima vicenda in ordine tempo attiene al Comitato della Croce Rossa Italiana di Frosinone.
Su Il Secolo d’Italia Rocca ha detto: “Mai ho amministrato il Comitato Cri di Frosinone che è stato gestito direttamente dai suoi legali rappresentanti, così come avviene per tutti i circa 700 Comitati della Croce Rossa Italiana che hanno assoluta autonomia patrimoniale e finanziaria. Mai sono stato denunciato dal presidente del Comitato di Frosinone per ammanchi né da altri volontari”. A sorprendere è la strategia del centrosinistra, che non cambia nei secoli. Parliamo della “demonizzazione” dell’avversario politico: è successo per decenni con Silvio Berlusconi (che ha vinto, è stato più volte premier ed è ancora tra i protagonisti della vita politica italiana), è successo con Matteo Salvini (che fa il ministro ed è segretario della Lega). E’ successo con Giorgi Meloni, leader di Fratelli d’Italia e primo presidente del consiglio donna della storia della Repubblica. Nei mesi scorsi è successo di tutto: dalla “lobby nera” alle solite ricostruzioni sul fascismo. Rilevanza giudiziaria? Zero.
Il voto dei cittadini ha largamente premiato la Meloni e i sondaggi danno sia lei che FdI in continua crescita. Nel centrosinistra non viene il sospetto che, al di là di qualunque considerazione su metodo e merito delle vicende, forse la strategia è completamente sbagliata? In questo particolare momento storico quali sono le priorità della gente? Forse il pagamento delle bollette di luce e gas, forse una risposta vera all’emergenza occupazionale, forse una sanità migliore? Nonostante tutto però la campagna elettorale viene impostata sempre allo stesso modo.
Domani Francesco Rocca sarà a Frosinone: sul palco con lui deputati, segretari politici e candidati dei partiti del centrodestra e della sua lista civica. Rocca è in vantaggio nei sondaggi, la spaccatura irrimediabile tra Pd e Movimento Cinque Stelle lo favorisce: altri al suo posto avrebbero rifiutato perfino i confronti con gli avversari (ha tutto da perdere). Ma lui partecipa e intende rispondere colpo su colpo.
IL RISVEGLIO DI ZINGARETTI
Dopo mesi di assenza dal dibattito politico delle regionali del Lazio (tranne qualche sporadico intervento), Nicola Zingaretti ha deciso di dire la sua. Affermando: “Possiamo vincere, io ho lavorato tanto per uno schema che riproducesse l’alleanza del governo della Regione. Ora è più difficile ma ricordo che nelle ultime regionali del 2018 il M5S non è mai stato in alleanza con noi, eppure abbiamo vinto. Per la prima volta, dopo anni, non si vota insieme alle elezioni politiche, quindi saranno fatte delle scelte sulla candidatura più credibile e non c’è dubbio che quella che guarda avanti è D’Amato.
Se abbiamo a cuore la possibilità di creare lavoro, trasporti decenti, diritti, l’unica candidatura in campo che fermi il rischio di tornare indietro è D’Amato. Ha dimostrato di saperlo fare. Rispetto tutti ma è quello che può andare a testa alta e dire: vi potete fidare. Ora andiamo alla mischia democratica che serve a questa comunità. Nella prima giunta che ho presieduto risultava una insolvenza finanziaria, nell’ultima c’erano 16 miliardi di investimenti di fondi Ue per il territorio. Quella voragine era figlia della classe dirigente che oggi vorrebbe riprendersi la Regione. D’Amato è il candidato più credibile”. Certamente non basta una dichiarazione del genere per dire di aver fatto campagna elettorale “pancia a terra”.
Ma forse c’è un’altra considerazione che andrebbe fatta: il 25 settembre scorso il centrodestra ha vinto sia le politiche che le regionali in Sicilia. Se, come dicono tutti i più autorevoli sondaggisti, dovessero arrivare anche le vittorie in Lombardia (sarebbe una conferma) e nel Lazio (verrebbe espugnata una roccaforte del centrosinistra), il Partito Democratico riconoscerebbe una buona volta che il “popolo sovrano”, democraticamente, si fida di più del centrodestra? Interrogandosi sul perché di tutto questo? Forse perché negli ultimi decenni il Pd, pur avendo governato sempre (spesso avendo perso le elezioni), non ha risolto nessun vero problema del Paese. Salvo poi in campagna elettorale concentrarsi sugli attacchi agli avversari in ogni modo possibile. Nessuno si interroga sulla circostanza che il Pd con Matteo Renzi era arrivato al 40% alle europee. Da quel momento in poi è iniziata la “guerra” a Renzi. Risultato: sotto il 20% alle politiche del 2018, molte elezioni perse e sorpasso subìto dai Cinque Stelle. Magari un pizzico di autocritica aiuterebbe.