Anche il leader della Lega si è sbilanciato sul ritorno all’elezione diretta del presidente e dei consiglieri provinciali. Non è una novità, ma Matteo Salvini ha voluto comunque dire che “la reintroduzione delle Province è un obiettivo che porteremo di pari passo con l’autonomia”.
Ha dichiarato: “Autonomia vuol dire dare più poteri ai territori, più efficienza, tagliare sprechi e burocrazia e in quest’ottica reintrodurre le Province, con pari dignità, elette dai cittadini, con un presidente, una giunta, dei consiglieri sarà utile. Conto che questo 2023 sia l’anno dell’avvio delle autonomie e della reintroduzione della Provincia, che è fondamentale perché tra un Comune della bergamasca di mille abitanti e la regione Lombardia di 10 milioni di abitanti serve un organismo intermedio”. Anche Licia Ronzulli (Forza Italia) e larghi settori del centrodestra sono favorevoli. Nel Pd c’è chi vede bene questo tipo di soluzione. Tra il dire e il fare però c’è di mezzo… la politica delle emergenze. Intanto un ritorno (auspicabile) delle Province allo stato precedente alla riforma Del Rio dovrà fare i conti con il caro bollette, il caro carburante, il caro energia e chi ne ha più ne metta.
Nel senso che comunque l’operazione avrebbe un costo che in questo momento difficilmente passerebbe. Considerando soprattutto la presenza in Parlamento dei Cinque Stelle, pronti all’ennesima crociata. Quanto ai tempi, impossibile che l’iter possa essere completato prima della fine del 2024. Dopo bisognerà organizzare elezioni e i trasferimenti di funzioni. Non sarà un percorso né semplice né rapido.
IL RUOLO DI LUCA DI STEFANO
Il presidente della Provincia, eletto poco più di un mese fa, sta dimostrando di avere un progetto e idee molto chiare. Ha attribuito le due deleghe più strategiche: vicepresidente Valentina Cambone e presidente dell’aula Gianluca Quadrini. Dopo il 13 febbraio (fine delle elezioni regionali) procederà con il resto. Rispetterà l’accordo con Pensare Democratico di Francesco De Angelis e l’intesa con la Lega. Ma lo farà esercitando il suo ruolo fino in fondo. Enrico Pittiglio, Alessandro Mosticone (Pd), Andrea Amata, Giuseppe Alessandro Pizzuti (Lega) avranno sicuramente delle competenze importanti.
Probabile però che la maggioranza possa subito essere allargata a Luigi Vacana, che non si è candidato per caso alle regionali nella lista Verdi e Sinistra. Luca Di Stefano ha dimostrato due volte di rappresentare l’unica soluzione vincente possibile per un Partito Democratico in grande difficoltà. Prima a Sora, dove è diventato sindaco, poi alla Provincia. Nel primo caso hanno votato i cittadini, nel secondo sindaci e consiglieri. Ma lo schema non è cambiato.
Dopo il congresso e le primarie il Pd avrà più chiaro l’orizzonte di riferimento, ma comunque bisognerà ricostruire una coalizione che non esiste più da anni. Specialmente in Ciociaria: il Psi è un alleato ormai distante, molti partiti alla sinistra dei Dem mantengono i loro spazi, Azione e Italia Viva non hanno la forza elettorale e politica per determinare un salto di qualità, il Movimento Cinque Stelle non ha alcuna intenzione di fare da gregario. Per queste considerazioni una soluzione come quella di Luca Di Stefano appare obiettivamente l’unica praticabile.
UN’INCOGNITA CHIAMATA POMPEO
Alle regionali Antonio Pompeo si giocherà il seggio con Sara Battisti. Al congresso cercherà di ritagliarsi un ruolo importante anche per il “dopo”, confidando nel rapporto strettissimo con Dario Nardella, numero due di Stefano Bonaccini. La campagna elettorale in corso è fondamentale per Pompeo, che infatti è presente ovunque. Il contraltare a Pensare Democratico è nei fatti.
Da una parte ci sono le manifestazioni di Sara Battisti, Libero Mazzaroppi e Andrea Querqui, dall’altra quelle di Antonio Pompeo, Annalisa Paliotta e Alessandra Cecilia. Perfino oggi con il candidato alla presidenza della Regione Alessio D’Amato: con Battisti a Frosinone, con Pompeo a Piglio. In pratica c’è una doppia competizione: per le regionali e per il congresso alle porte. Bisognerà capire cosa intende fare Pompeo, sia nel caso diventasse consigliere sia nell’eventualità che vinca Sara Battisti. Il Pd non può permettersi ulteriori divisioni e scismi, Pompeo non intende continuare a restare nel partito da socio di minoranza in un clima di contrapposizione frontale con Pensare Democratico.
Con lui, piaccia o non piaccia, ci sono tantissimi amministratori e l’ex sindaco di Ferentino è l’unico che davvero può allargare i confini del partito. Il dopo elezioni dirà come stanno le cose e quali sono le strategie, per esempio, del primo cittadino di Cassino Enzo Salera. Ma una cosa è certa: il Partito Democratico dovrà trovare un assetto equilibrato al proprio interno. Altrimenti potrà succedere di tutto.