Appelli al voto utile ma soprattutto disgiunto. Quando in una campagna elettorale si arriva a questo punto vuol dire che la situazione è difficile. Una specie di carta della disperazione, come quando nel calcio si lancia il pallone in area di rigore sperando in un colpo di fortuna. Il Partito Democratico si sta rendendo conto che perdere il Lazio rappresenterebbe una “mazzata” durissima, anche perché consentirebbe a Stefano Bonaccini (segretario nazionale in pectore) di ridimensionare una vasta componente che comprende Nicola Zingaretti, Roberto Gualtieri, Goffredo Bettini, Claudio Mancini e Matteo Orfini.
ZINGARETTI, ASTORRE E D’AMATO
Il deputato Nicola Zingaretti ogni tanto decide di far sentire la sua voce. Nelle scorse ore, a margine di un’iniziativa a Roma, ha detto: “Io rispetto tutti i candidati e le candidate ma c’è solo una candidatura che può fermare la destra che ritorna ed è quella di Alessio D’Amato perché il sistema elettorale maggioritario a turno unico non assegna medaglie d’argento ma vince uno solo e la competizione è tra Rocca e D’Amato. Tutti gli altri voti alle candidature purtroppo sono nobili tentativi di rappresentanza ma ai fini della vittoria non incidono. Quindi l’appello che io faccio, nel rispetto assoluto del pluralismo e delle alleanze, è “votate anche le liste che volete ma poi votate il presidente che può fermare il ritorno delle destre.
Non torniamo indietro, abbiamo salvato il Lazio dal baratro, questa Regione l’abbiamo presa dall’abisso delle mani di tanti che oggi si ripresentano per metterle di nuovo sul potere”. Soliti slogan, solito compitino di maniera, solito buco nell’acqua. Bruno Astorre, in scadenza come segretario regionale del Pd, centellina le sue esternazioni. Avrebbe voluto Daniele Leodori alla guida della coalizione, ha fatto buon viso a cattivo gioco. Si è limitato ad un “con Alessio D’Amato possiamo vincere nel Lazio per la terza volta, la bravura e la competenza che ha dimostrato sulle vaccinazioni e nella lotta al Covid siamo certi che sarà preziosa su tanti altri temi”. Poi il solito… “risultati raggiunti grazie al lavoro del presidente Zingaretti e di tutta la squadra”.
Il 12 e 13 febbraio vedremo cosa ne pensano negli elettori dei dieci anni di Amministrazione Zingaretti. Infine Alessio D’Amato. Nel riproporre l’appello al voto disgiunto (“contro” la candidata dei Cinque Stelle), l’assessore alla sanità si è superato: “Giarrusso nel Pd? Il nostro è un grande partito, aperto a tutti. Può essere anche un segnale utile per un voto disgiunto nel Lazio, che è una cosa importante per non far tornare queste destre al governo della Regione”. Ma quanti voti può spostare Giarrusso? Nel Lazio poi? Magari se fosse stato ancora una… Iena.
LA CALMA DI ROCCA
Francesco Rocca prosegue per la sua strada. Continuando ad accettare i confronti (non soltanto quelli televisivi) con i suoi avversari. Non è proprio scontato perché in passato, sia a livello nazionale che regionale e perfino comunale, chi è in vantaggio nei sondaggi solitamente evitava i faccia a faccia. Per una evidente ragione: danno agli altri candidati la possibilità di poter recuperare. Francesco Rocca non lo fa. Sulla sanità sta smontando la tesi di un centrosinistra regionale che è convinto di aver affrontato il Covid da solo in tutto il pianeta. Rocca ha ricordato che nel Lazio ci sono policlinici di primo livello e che medici e infermieri non si sono risparmiati mai nel contrasto alla pandemia. Alessio D’Amato ha organizzato bene le strategie anti Covid ma non lo ha fatto da solo. Inoltre nel Lazio la sanità comprende tanti altri aspetti e poi ci sono ulteriori settori, come il lavoro, le infrastrutture, il turismo.
Francesco Rocca ha più volte sottolineato un concetto: “Sono sicuro che il governo nazionale presieduto da Giorgia Meloni darà l’attenzione che merita a Roma e al Lazio per poter fare in modo che venga restituita dignità ai suoi cittadini”. Non è uno slogan. All’ordine del giorno del dibattito nazionale c’è il tema dei nuovi poteri e dello “status” di Roma. Un argomento che obbliga a porsi seriamente due obiettivi: ripensare ruoli e competenze della Regione e dare risposte importanti ai Comuni (soprattutto quelli più piccoli). E’ questo quadro che va tenuto insieme, coinvolgendo pure le Province, riportandole a come erano prima della riforma Delrio. Roma merita un’autonomia giuridica ed operativa come tutte le altre grandi Capitali, i Comuni sono la spina dorsale del Paese, la Regione va adeguata (in fretta) alle esigenze della prossima e nuova architettura istituzionale. Un discorso che comporta anche l’accesso ai fondi e alle varie opportunità. Francesco Rocca parla di questo. A lui voto utile e disgiunto non interessano.