Un confronto televisivo dietro l’altro. Le stesse domande, le stesse risposte, i medesimi slogan. Da giorni Francesco Rocca, Alessio D’Amato e Donatella Bianchi si incontrano nei diversi studi per ripetere davanti alle telecamere i rispettivi programmi. Non mancano le polemiche su tutti quegli argomenti che puntualmente si presentano nel finale di ogni campagna elettorale: dall’acquisto delle case a quello che i protagonisti hanno fatto in passato (perfino decenni fa). “Bucare lo schermo” ha fatto la differenza negli anni scorsi, specialmente dopo l’avvento di Silvio Berlusconi.
Ma oggi, nell’era del digitale, dei social network e della comunicazione last minute, quanti voti può spostare una battuta ben riuscita sul piccolo schermo? Nessuno. Inoltre è ormai un fatto che le regionali del Lazio sono state in tono minore, senza autentici scatti, senza un forte coinvolgimento della base.
UNA SITUAZIONE NUOVA
Il centrosinistra ha vinto con i giornalisti Piero Baladoni e Piero Marrazzo, poi con Nicola Zingaretti, uomo di partito, spostato a sinistra ma anche capace di ottenere il voto di settori moderati (soprattutto a Roma) che nel 2013 e nel 2018 hanno deciso di affidarsi a lui. Il centrodestra ha ottenuto il successo nel Lazio con Francesco Storace (anche lui giornalista) e Renata Polverini, ex sindacalista dell’Ugl. Personalità molto diverse tra loro, ma indubbiamente forti, caratterizzate e conosciute molto dal grande pubblico: Badaloni e Marrazzo erano i volti di punta delle televisione di quei tempi, Storace imperversava nella comunicazione della destra dell’epoca.
La Polverini rappresentò una novità importante. Come Nicola Zingaretti. Erano diverse anche le coalizioni. Il centrosinistra andava da Fausto Bertinotti a Clemente Mastella. Adesso è cambiato tutto. Alessio D’Amato non è un leader politico: ha svolto il ruolo di assessore alla sanità, distinguendosi nella gestione del Covid. Il centrodestra è ribaltato rispetto a quegli anni: non c’è più il quasi monocolore di Forza Italia. Oggi è Fratelli d’Italia il partito di maggioranza, Lega e “azzurri” sono molto staccati. Francesco Rocca è un avvocato e un manager, è in quota FdI ma non si può definire un politico. Perfino il Movimento Cinque Stelle, nonostante sia nato da poco, ha completamente cambiato profilo: nel 2018 puntò su Roberta Lombardi, tra i fondatori, dura e pura, “aggressiva” nel confronto in streaming con Pierluigi Bersani nel 2013.
Adesso c’è Donatella Bianchi: giornalista (professione che alle regionali del Lazio ha un suo perché), conosciuta dal grande pubblico, interprete perfetta della linea di Giuseppe Conte, che non ha nulla a che vedere con quella di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. Forse neppure con quella di Beppe Grillo. I confronti televisivi servono a poco anche per questo: chi andrà alle urne ha già deciso per chi votare. Conta più il clima nazionale. Per esempio i risultati del Lazio e della Lombardia serviranno anche a capire con chi sta l’opinione pubblica sul caso Cospito. Ammesso che ai cittadini interessi davvero.
GLI ATTACCHI ALLA COLOSIMO
Nei giorni scorsi, durante il dibattito alla rovescia che caratterizza da sempre la politica italiana, ci sono state delle gravissime minacce da parte dei gruppi anarchici a Chiara Colosimo, deputata di Fratelli d’Italia. Queste: “Ti auguro la stessa fine che voi Stato bastardo e assassino state facendo fare a lui. Meglio anarchica che assassina”.
In un altro post la foto di bossoli e un cappio. Quindi i manifesti: “Lo auguro a te il 41 bis, per ora ti dedico queste”. Paolo Trancassini, segretario regionale di Fratelli d’Italia, ha detto: “Un fatto gravissimo che deve essere condannato senza esitazioni da tutte le forze politiche. Da giorni lo Stato italiano è sotto attacco da parte degli anarchici violenti. Non abbiamo paura e non cediamo ai ricatti: il 41 bis non si tocca. Contro mafia e terrorismo non possono esserci divisioni politiche”. Nel complesso però le minacce a Chiara Colosimo sono passate sotto silenzio. Sarebbe stato importante che tutte le forze politiche le avessero manifestato solidarietà pubblica, anche nel corso della campagna elettorale per le regionali del Lazio. Un’occasione persa.
Dopo il 13 febbraio Movimento Cinque Stelle da una parte e Terzo Polo dall’altra inizieranno a pensare alle europee del 2024 per cercare di capire se può scattare l’attacco finale al Pd per la leadership dell’area progressista. Il Partito Democratico dovrà rispondere, specialmente dopo il congresso. Nel centrodestra invece il tema sarà quello dei rapporti di forza tra Fratelli d’Italia e gli alleati. Una cosa è comunque sicura: se il Pd perde anche nel Lazio, un’intera classe dirigente dovrebbe farsi da parte: Enrico Letta, Nicola Zingaretti, Dario Franceschini, Andrea Orlando.