La presidente di Acea, Michela Castelli, si è dimessa. Ufficialmente la rinuncia all’incarico è arrivata “per motivi personali”.
“Sono fiera dei risultati raggiunti dall’organo amministrativo e da tutti i dipendenti di Acea negli ultimi anni – ha scritto Castelli nella sua lettera di dimissioni – in un contesto oggettivamente pieno di difficoltà e durante il quale sono state proprio le persone di Acea a fare la differenza assicurando alla città e ai territori i propri servizi”. L’amministratore delegato di Acea, Fabrizio Palermo, anche a nome dell’intero Cda, ha ringraziato Castelli “per il contributo prestato in questi anni alla presidenza della società”.
Tre motivi per lasciare
Ma ci sono almeno tre ragioni per cui la presidente del Cda ha deciso di mollare. Il primo è perché il suo incarico era in scadenza a maggio e Castelli è certa di non essere riconfermata. Infatti, a chiamarla alla guida della Multiutility romana era stata la sindaca 5 Stelle, Virginia Raggi. Nella sua lettera di dimissioni, Castelli ha spiegato che la sua scelta è “maturata negli ultimi giorni dell’anno appena conclusosi” e si è man mano “consolidata nel contesto dei nuovi assetti di governance indicati dal socio di controllo”, vale a dire del Comune di Roma ora guidato dal sindaco Pd Roberto Gualtieri, che detiene il 51% del capitale della Spa che opera nei settori di acqua, luce, gas e rifiuti.
Una seconda ragione alla base dell’addio alla Spa capitolina è quella legata alla realizzazione del termocombustore di Roma. A giorni il Campidoglio darà via alla gara per la realizzazione dell’impianto che però il Movimento 5 Stelle non vuole, tanto da aver fatto cadere il governo Draghi. Castelli è una manager ‘grillina’ e, quindi, ha dato un segnale politico lasciando l’incarico.
C’è poi una terza ragione, molto pompata mediaticamente: quella delle accuse di sessismo e vessazioni che alcune ex hostess in servizio presso l’ottavo piano della sede Acea di piazza Ostiense a Roma, dove ci sono gli uffici dell’Ad, rivolgono proprio all’amministratore delegato Fabrizio Palermo, giunto in Acea da Cassa depositi e prestiti. Un caso sollevato dalle pagine romane del quotidiano Repubblica, che negli ultimi giorni avrebbe rintracciato anche alcuni dipendenti di Cassa depositi e prestiti che avrebbero riferito di un clima pensate anche nell’istituto controllato dall’Ministero dell’Economia, durante gli anni di mandato di Palermo.
Acea, le accuse all’amministratore delegato
Al riguardo delle accuse mosse a Palermo, la scorsa settimana proprio il consiglio di amministrazione, presieduto dalla stessa Castelli, aveva rinnovato la fiducia al manager, prendendo atto della positiva relazione redatta dal comitato per l’Etica e la sostenibilità di Acea, con cui si escludeva la fondatezza delle accuse. Ad ogni modo, lo stesso Cda aveva dato mandato all’Ethic Officer di “svolgere ogni attività istruttoria ritenuta necessaria o opportuna”.
Oltre alla nuova indagine interna richiesta dal Consiglio di amministrazione, si sono mosse le competenti commissioni consiliari del Campidoglio, visto il controllo diretto che il comune di Roma ha sulla multiutility. E proprio da Roma Capitale, in particolare dalla commissione Pari Opportunità presieduta da Michela Cicculli, ha avanzato la richiesta di chiarimenti all’azienda, mentre l’opposizione di centrodestra ha sollecitato il sindaco Roberto Gualtieri a esprimersi in modo inequivocabile sulla vicenda.
La difesa dell’Ad di Acea Palermo
Palermo si è difeso da ogni accusa, annunciato azioni legali a tutela della sua onorabilità e del gruppo che guida, sostenendo di essere vittima di attacchi mirati e diffamatori a seguito delle sue decisioni di rivedere alcuni appalti milionari che stavano per essere rinnovati in Acea al suo arrivo. Tra questi, quello da 21 milioni di euro alla ditta che fornisce le hostess. La revisione dei contratti di appalto delle ditte che lavorano con Acea – ha in soldoni spiegato Palermo – avrebbe portato ad accuse “diffamatorie” nei suoi confronti per ritorsione.
I manovratori in bilico giocano le ultime carte
Rumors interni ad Acea ed al Campidoglio, inoltre, vedono nell’attacco a Palermo la manovra sostenuta, incitata e messa in campo da chi, fino a qualche tempo fa, abituato a fare il bello e il cattivo tempo in Acea e sulle scelte che il Comune di Roma faceva in merito alla governance dell’importante Spa, ne è rimasto tagliato fuori con l’arrivo di Gualtieri e con la nomina dell’Ad Palermo. Ora, l’imminente rinnovo del Cda della holding ha riacceso gli appetiti di chi, senza un controllo politico delle poltrone, rischia di fare i conti con la propria incapacità gestionale e con risultati non proprio esaltanti inanellati negli ultimi anni, a partire dai guai del comparto idrico in quasi tutte le gestioni fuori da Roma.