Meno persone in fila ma attese più lunghe. L’informatizzazione, la digitalizzazione dei servizi, la semplificazione amministrativa e la possibilità di autocertificare diverse competenze e qualifiche hanno cambiato negli ultimi 30 anni il rapporto tra i cittadini e la burocrazia. Senz’altro. Ma soprattutto il Covid, negli ultimi anni, ha fatto il miracolo – si fa per dire – di sfoltire le file di attesa davanti agli sportelli degli enti pubblici.
Lo studio della Cgia
Lo studio lo ha condotto la Cgia, associazione di categoria delle piccole e medie imprese, focalizzando l’attenzione su due ‘servizi’ con cui tutti i cittadini hanno a che fare: da una parte, appunto, gli sportelli Asl per prenotare esami o sbrigare pratiche amministrative; dall’altra gli uffici Anagrafe dei Comuni, dove parimenti – sempre rispetto al 1993 -, nel 2021 si è passati da oltre 60 persone (che si mettevano in fila per svolgere per certificati, documenti, autentiche e altre pratiche) ogni 100 residenti ad appena 29, mentre – come per le Asl – se nel 1993, ogni cento persone in fila all’anagrafe, ce ne erano meno di 15 che facevano attese superiori ai 20 minuti, nel 2021 a dover attendere oltre tale tempistica sono diventate ben 27 (il doppio).
Ad ogni modo le contrazioni più evidenti – soprattutto nel triennio 2019-2021 – sono, in massima parte, riconducibili al fatto che con la pandemia quasi tutti gli uffici delle amministrazioni comunali front office hanno deciso di lavorare su appuntamento. Negli ospedali, invece, a causa del Covid, gli ingressi sono stati contingentati, contribuendo a diminuire le presenze complessive. Altresì, grazie al potenziamento dei call center telefonici e dei servizi offerti attraverso il sito internet come i pagamenti, le prenotazioni on line delle visite, delle prestazioni ambulatoriali e il ritiro dei referti/certificati – le strutture ospedaliere hanno contribuito a diminuire ulteriormente l’affluenza ai propri sportelli.
Nel Lazio file sempre più corte ma tempi lunghi per le essere ascoltati
Nella classifica delle regioni, ordinata per numero di persone che hanno atteso più di 20 minuti per ogni 100 che, negli ultimi anni (i dati disponibili sono quelli dal 2019 al 2021), si sono messe in fila alla Asl, il Lazio (dati 2021) si trova tra le peggiori, sesto su venti (dopo Calabria, Sicilia, Molise, Campania e Puglia) con 56,8 cittadini ogni 100 che hanno dovuto fare lunghe attese. Un dato che è comunque migliore rispetto a quelli del 2020 (71,2 su 100) e 2019 (61,4 su 100). La media italiana, nel 2021, è 45,2. Le cose vanno, come sempre, meglio a nord (42,2 Nord-Ovest e addirittura 28,4 Nord-Est) meno bene al Centro (45,9 su 100), male al Sud (59,4).
Nella classifica, redatta con gli stessi principi, che riguarda invece le attese oltre 20 minuti presso le Anagrafi, il Lazio è al primo posto assoluto, con 44,9 persone in lunga attesa ogni 100. Un dato da cui la nostra regione pare non voglia schiodarsi (era 50 nel 2019 e 45,9 nel 2020). La media nel 2021 è 26,5 e come sempre le cose vanno meglio al Nord (Est 16,5; Ovest 20,8) che al Sud (Centro 33,1 e Mezzogiorno 33,7).
In 30 anni file più corte ma attese più lunghe
Se nel 1993, ad esempio, ogni cento persone erano quasi 50 quelle che si mettevano in fila presso le Asl per prenotare una visita o sbrigare una pratica amministrativa, nel 2021 il numero è sceso a 35 ogni cento, grazie anche alla possibilità di interagire con l’amministrazione sanitaria tramite telefono, computer e smartphone.
Nel 1993, però, ogni 100 persone che si recavano alla Asl solo 37 (poco più di un terzo) erano costrette ad attendere in fila per più di 20 minuti. Nel 2021, invece, sono ben 45 (poco meno della metà) quelle che debbono fare oltre 20 minuti di fila.
Il Covid ha ammazzato le file
Ovviamente, però, secondo l’elaborazione dell’Ufficio studi della CGIA su dati Istat, tra il 2019 e il 2021 – periodo Covid e conseguente lockdown – il numero di cittadini che ha dichiarato di aver atteso più di 20 minuti davanti al bancone dell’ufficio anagrafe è sceso del 9,2 per cento, presso quello di una ASL, invece, del 17,5 per cento. Idealmente, chi si è recato dopo due anni nel proprio ufficio anagrafe ha davanti a sé tre persone in meno, per prenotare una visita e/o una prestazione di laboratorio presso l’azienda ospedaliera, invece, la coda si è ridotta di 10 persone.
Canali alternativi agli sportelli fisici, ma c’è molto da fare
E se la pubblica amministrazione ha spinto per promuovere canali di contatto alternativi allo sportello fisico, solo il 28 per cento degli enti locali – secondo una ricerca di Banca d’Italia – consente agli utenti di completare on line le pratiche amministrative e, se richiesto, di effettuare il pagamento via web.
Nonostante lo sforzo profuso in questi ultimi 2-3 anni, come l’introduzione del PagoPa, il grado di sofisticazione dell’offerta digitale delle amministrazioni locali rimane ancora insufficiente, con la posta cartacea che continua ad avere un utilizzo rilevante: circa l’80 per cento degli enti ne fa ancora ricorso nei rapporti con l’utenza, anche perché sono pochissimi i cittadini a possedere un indirizzo di posta elettronica certificata. Non solo, con una popolazione sempre più anziana e con poca familiarità con i prodotti tech, è evidente che il processo di digitalizzazione della PA nei confronti dei cittadini deve comunque avvenire in modo graduale.