Il Partito animalista perde il ricorso al Tar contro il piano per la cattura e l’abbattimento dei cinghiali ma non si arrende: “Ricorreremo al Tribunale ordinario”.
Il Tar del Lazio ha respinto tutte le censure avanzate dal Partito animalista Italiano contro il piano della Regione Lazio per l’eradicazione dell’infezione di peste suina africana che ha fatto registrare alcuni focolai tra i cinghiali selvatici nella Capitale, con tutti i danni che conseguono per le attività di allevamento nelle aree interessate.
Gli animalisti avevano contestato il piano e le correttezza (oltre che la pericolosità) delle modalità con cui gli animali venivano catturati o abbattuti (nelle aree in cui tale procedura è consentita).
Cinghiali, la Sentenza del Tar Lazio
Il Tar ha ritenuto infondato il ricorso, oltre che confuso nella parte di ‘fatto’ -, dove erano presenti “motivi intrusi” non ammessi dalla giurisprudenza – infondato nella parte di ‘diritto’, riscontrando invece che il piano redatto dalla regione è conforme a tutta la normativa vigente (sia italiana che europea) e che eventuali irregolarità o reati commessi nella sua attuazione – da perseguirsi come tali dalle preposte autorità – non ne inficiano la legittimità.
I giudici, ancora, hanno ritenuto insensata la pretesa degli animalisti che chiedevano la recinzione di tutte le aree protette regionali e i parchi per evitare che i cinghiali potessero allontanarsi. Il tar ha evidenziato, al riguardo, che: oltre ad essere un’impresa economicamente poco sostenibile, i perimetri di tali aree sono tali da non ritenere realizzabile tale attività, inoltre le eventuali recinzioni vieterebbero anche alle altre specie animali la libera mobilità e ha ricordato l’avviso diverso della normativa regionale in materia.
Il Partito animalista non ci sta e annuncia un nuovo ricorso
Una sentenza poco piaciuta agli animalisti. Il segretario del Partito animalista, Stefano Fuccelli, ha dichiarato: “I giudici hanno valutato l’atto ma non il fatto, nonostante le prove incontrovertibili contenute nei link video inseriti nel ricorso, per questo implicitamente suggeriscono di avviare un iter giudiziario presso il giudice naturale”. Gli animalisti insistono sulle violazioni che sarebbero state commesse – a loro dire – nell’attuazione del piano: “gli addetti che hanno posizionato gabbie e trappole non era provvisto di dispositivi di protezione, le gabbie non erano omologate e non avevano la marchiatura CE, e cacciatori armati di fucili si sono aggirati nelle vie cittadine, tra case e passanti. Nella realtà – conclude Fuccelli -, il Piano non solo si è rilevato totalmente inutile e fallimentare ma anche dannoso per gli animali selvatici sani in quanto il 100% di quelli abbattuti non erano affetti dalla peste suina africana”.