Un valore in linea con la media nazionale. Il Lazio è una regione con un rischio medio di evasione fiscale. La cosiddetta economia non osservata (cioè che sfugge ai dati ufficiali del fisco) fa registrare una percentuale, rispetto al valore aggiunto regionale, del 11,3, contro 11,6 di media italiana.
Per ‘economia non osservata’ si intende il gettito non inserito nelle dichiarazioni fiscali, il lavoro irregolare ed altre attività (come quelle illegali, le mance, i fitti in nero, etc.).
Il dossier della Cgia e la classifica delle Regioni
A fare i calcoli, sono le piccole e medie imprese della Cgia, che tramite l’ufficio studi dell’associazione di categoria hanno redatto una classifica delle regioni italiane in base proprio all’incidenza sul valore aggiunto di ogni regione (cioè alla ricchezza che produce) dell’Economia non osservata.
Se i contribuenti più fedeli allo Stato risiedono nelle due province autonome di Trento e Bolzano oltre che in Lombardia, i meno fedeli sono quelli Calabria, Campania e Puglia, confermando così che è il Mezzogiorno il tallone debole del fisco italiano.
Il Lazio ‘in linea’ con l’evasione nazionale
Il Lazio si colloca a metà classifica con un valore – come detto – di 11,3%, composto dalle tre sottovoci (le minori somme dichiarate inserite in dichiarazione fiscale valgono il 4,6% del valore aggiuntivo regionale; Il lavoro neo o irregolare vale altri 4,5 punti percentuali e, infine, tutte le altre attività illegali o gli affitti in nero, ecc. valgono un 2,2%).
Nord e Sud, due economie e un eccessivo divario
Nella propria ricerca, l’ufficio studi annota: “Sebbene gli ultimi dati disponibili dell’Istat siano riferiti al 2020, anno fortemente condizionato dall’emergenza pandemica, la percentuale dell’economia non osservata sul valore aggiunto regionale registrava le soglie più elevate nel Mezzogiorno. Se in Sicilia si attestava al 16,8 per cento, in Puglia al 17 per cento, in Campania al 17,7 per cento e in Calabria che, con il 18,8 per cento, continua a essere la regione più a rischio evasione d’Italia. Le realtà più fedeli al fisco, invece, erano la Provincia Autonoma di Trento con il 9 per cento, la Lombardia con l’8,4 per cento e, la meno interessata da questo triste fenomeno, la Provincia Autonoma di Bolzano con un’incidenza dell’8,2 per cento. La media nazionale si fermava all’11,6 per cento”.
Nel 2022, tassazione record per famiglie e imprese
Nella lettura dei dati, va anche tenuto conto dell’altissimo livello di tassazione registrato nel 2022, quando la pressione fiscale in Italia, data dal rapporto tra le entrate fiscali e il Pil, ha raggiunto il 43,5 per cento; un livello mai toccato in precedenza. Un record dovuto non a un aumento della tassazione ma agli effetti che sull’economia hanno avuto il forte aumento dell’inflazione, la crescita economica e dell’occupazione avuta nella prima parte dell’anno e l’introduzione nel biennio 2020-2021 di molte proroghe e sospensioni di versamenti tributari, agevolazioni che sono state cancellate per il 2022.
In termini assoluti – segnalano infine dalla Cgia – secondo i dati resi noti nei giorni scorsi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (gennaio/dicembre 2022), le entrate tributarie e contributive sono aumentate, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, complessivamente di 68,9 miliardi di euro (+9,2 per cento). Di queste, le entrate tributarie sono aumentate di 53,7 miliardi (+10,5 per cento) e le contributive di 15,7 miliardi (+6,4 per cento).