La riforma Del Rio delle Province è una delle leggi più fallimentari di sempre, che fra l’altro doveva essere superata dopo la sconfitta di Matteo Renzi al referendum costituzionale. Le Province sono state depotenziate sia nel personale che nelle risorse finanziare, oltre che mutilate nella rappresentanza: pochissimi eletti e non più direttamente dalla gente. Un ente di secondo livello per il quale decidono sindaci e consiglieri comunali sulla base di voti ponderati. Nessun risparmio per la spesa pubblica italiana. In questa legislatura ci sono le condizioni per riportare le Province alla situazione precedente, a condizione che il Parlamento lavori seriamente ad una simile ipotesi.
LA “MACEDONIA” DI FROSINONE
In questi giorni alla Provincia di Frosinone c’è un “balletto” che non porterà da nessuna parte. Tutti vogliono deleghe che non servono a niente, perché non danno alcuna seria possibilità di gestire dei temi (la competenza vera resta esclusivamente quella del presidente). Qualcuno aveva pensato di poter costruire una coalizione formata da Pd, Lega e Forza Italia. Più il Polo Civico. Ma si tratta di un’impostazione sbagliata in partenza. Intanto non è tutto il Partito Democratico, ma soltanto la corrente di Francesco De Angelis e Sara Battisti, rappresentata dai consiglieri Enrico Pittiglio e Alessandro Mosticone. L’area di Antonio Pompeo non c’entra nulla. La Lega fa accordi trasversali ovunque: Luca Zaccari era il fedelissimo di Antonio Pompeo (Pd) alla Provincia, adesso lo è di Piergianni Fiorletta a Ferentino. I consiglieri provinciali Andrea Amata e Giuseppe Pizzuti dovrebbero sostenere Luca Di Stefano perché così ha deciso il partito dopo le provinciali. Sulla base di quali convergenze programmatiche? Nessuna. A rappresentare Forza Italia c’è Gianluca Quadrini, che però quando Di Stefano è stato eletto presidente era appena stato messo alla porta da Nicola Ottaviani, segretario provinciale della Lega.
Si capisce fin troppo bene che mancano i presupposti per un’alleanza così larga. E’ anche significativo che il presidente Luca Di Stefano non stia dicendo una sola parola su tutto questo. Nn regge l’impianto di un ente come la Provinciale. Dal 2014 in poi ogni elezione ha visto alleanze trasversali. Non tutti i partiti controllano gli eletti e la voglia matta di avere una delega per indossare una fascia fa saltare ogni tipo di accordo. Succede questo da nove anni. Il ritorno all’elezione diretta del presidente e dei consiglieri spazzerebbe via situazioni che abbiamo imparato a conoscere bene. A Frosinone è chiaro che traendo vantaggio dalla Del Rio, Luca Di Stefano tende a governare, dopo aver saldato il debito elettorale con il Pd di De Angelis, stando ben attendo a preservare la sua autonomia politica e ben attento a non compromettere il ventaglio delle scelte future che a poco più di 30 anni e con una posizione così importante non può essere inficiato dalla concessione di quattro finte deleghe ai soliti personaggi in cerca d’autore.
COSA DICONO I SONDAGGI
Le rilevazioni sulle intenzioni di voto di questi ultimi giorni confermano il trend: crescono Fratelli d’Italia e Partito Democratico. Vuol dire che nel Paese l’impostazione bipolare è più forte di ogni tipo di inciucio. La Supermedia Agi-Youtrend dà Fratelli d’Italia al 29,04%, in crescita dello 0,4%. Il Partito Democratico al 19,7%, con un +0,9%. Gli altri flettono tutti: Movimento Cinque Stelle al 19,7% (-0,2%), Lega all’8,5% (-0,7%), Terzo Polo al 7,3% (-0,3%), Forza Italia al 6,6% (-0,4%). Verdi e Sinistra invece crescono: 3,2% (+0,4%). Nel centrodestra Fratelli d’Italia ha un vantaggio enorme sugli alleati e paradossalmente proprio questo determina alcuni problemi che stiamo vedendo, sia nel Governo che alla Regione Lazio quando si è dovuta comporre la giunta.
Nel centrosinistra il Pd sta recuperano grazie all’effetto Elly Schlein, che però non potrà durare per sempre. La distanza tra le coalizioni resta ampia. Il centrodestra è al 45,8% (-0,9%), il centrosinistra al 25,1% (+1,2%). Per il Partito Democratico il tema non è cambiato: senza l’alleanza con Cinque Stelle (15,7%) e Terzo Polo (7,3%) non c’è possibilità alcuna di essere competitivi. Ma di intesa non parla più nessuno perché pentastellati e Terzo Polo sono lontanissimi dal centrosinistra. E’ per questo motivo che, a parte le elezioni politiche, il centrodestra continua ad aumentare il numero delle Regioni e dei Comuni dove governa.
Si sta determinando una situazione molto diversa rispetto agli anni scorsi. Il Pd e i suoi alleati hanno sempre avuto negli enti locali le loro roccaforti. Adesso non è più così. Per questo la crescita del Partito Democratico nei sondaggi non può bastare per risollevare l’intera coalizione. Il centrodestra dunque può litigare tranquillamente, a patto di non esagerare.