Chissà perché in Italia in pochissimi scelgono di diventare medico di base, a dispetto di una scelta di reparto. Eppure, di medici di base, il comune medico di famiglia, c’è davvero tanto bisogno! Ciò significa che un laureando e specializzando in Medicina generale avrebbe terreno fertile se solo scegliesse di diventare tale. Ed invece no!
I dati che riguardano il territorio nazionale sono allarmanti: quasi due milioni di cittadini italiani sono sprovvisti del medico di base. Ciò comporta che debbano rivolgersi ad altre figure, a sostituti o peggio ancora a studi che hanno già il pieno di assistiti. Ed ecco quindi che un solo medico di famiglia si troverà a dover ‘gestire’ più di 1500 pazienti!
La forte carenza di medici di base è sostanzialmente legata alla scelta che lo specializzando fa durante il suo percorso di studi. Pare infatti che nessuno più voglia ricoprire questo ruolo che in realtà è decisamente tra i più importanti. E’ da qui che parte l’eventuale percorso di ricerca di specifici esami richiesti per una sospetta patologia o per un ipotetico disturbo, è qui che il paziente viene indirizzato al
professionista di turno, è qui che si instaura un rapporto di fiducia che accompagna il paziente e lo segue passo dopo passo. Tant’è che solitamente il medico di base è chiamato proprio con l’appellativo di medico di fiducia, perché è a lui che per primo si chiede un consulto sulla propria salute. Un ruolo di profonda responsabilità a dispetto di futili luoghi comuni. Resta il fatto che, importante o meno che sia, nessuno vuole più fare il medico di famiglia. Una bella grana per il sistema sanitario nazionale che forse dovrebbe inventarsi qualcosa per invertire la marcia e invogliare gli studenti di Medicina ad optare per questo specifico indirizzo.
Il problema potrebbe essere più pesante se si pensa anche al pensionamento dei medici oggi operativi. Nei prossimi anni, saranno in molti a dover lasciare il proprio posto perché in età pensionabile e comunque non più ‘in regola’ con le direttive sanitarie. Ciò significherebbe che crescerebbe ancor di più il numero dei non assistiti. La corsa al pensionamento potrebbe dunque aggravare ulteriormente la questione dei medici di base.
Un segnale di speranza potrebbe forse contenersi nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che pare contenga degli appositi finanziamenti, a mo’ di borse di studio, per incrementare la scelta dei medici verso questa specializzazione. Ma non è così semplice, perché i dati forniti dalle singole Regioni in merito alla penuria di medici di famiglia non sempre corrispondono al reale fabbisogno. Ciò contrasta inevitabilmente anche un pur minimo segnale di ripresa. Quel che mancherebbe, infatti, è una vera e
propria programmazione dei posti da parte delle Regioni. L’inerzia nel rendere pubbliche le carenze aggraverebbe pertanto la già piuttosto complicata situazione.
Un durissimo colpo la categoria dei medici di base l’ha pagato anche durante la gestione Covid, dove gli stessi non sempre hanno avuto la possibilità di tutelarsi o gli strumenti utili come invece per le strutture ospedaliere. Occorre ora vedere se nel Pnrr, tra i fondi stanziati a sostegno della sanità in generale, ci sia anche un piano specifico per la medicina di famiglia. Del resto, non si può lasciare un paziente senza un medico di fiducia, e neanche si può chiedere a quest’ultimo di incrementare ulteriormente il bacino d’utenza già piuttosto ingombrante.