Il fu Egato dei rifiuti, come il fantasma di Anna Bolena, ancora vaga decapitato per la Ciociaria, tenendo sotto braccio la testa mozzata. L’Egaf, come è stato ribattezzato – ma i due battesimi pare non l’abbiano liberato dal peccato originale – è senza presidente dallo scorso 11 ottobre, quando Mauro Buschini si è dimesso “anche per consentire alla Regione Lazio di discutere serenamente del futuro degli Egato” tranne poi balenare l’opportunità che proprio Buschini entri a far parte del Cda Saf, la società che si occupa del trattamento dei rifiuti, dove si è liberata la poltrona assegnata all’ex presidente Saf Lucio Migliorelli, che vola a dirigere la Remat Lazio, una società che si occupa di impianti di smaltimento.
Che poi sono sempre loro: nel 2017, quando Migliorelli venne eletto alla guida della Saf, era il capo segreteria di Buschini, che all’epoca era assessore regionale ai rifiuti. Tutto torna diceva qualcuno. Era il suo braccio destro e il Pd lo insediò a gestire la grande azienda che tratterà l’immondizia di tutta la Ciociaria (e poi anche quella di buona parte di Roma).
In attesa di vedere come finirà alla Saf e se Buschini sarà ricollocato o meno. Di certo non è affatto chiaro come sia finita all’Egaf.
Il presidente non c’è. E – incredibile! – lo statuto non prevede un vicepresidente. Di più: di certo un vicepresidente non è stato mai nominato (almeno a scorrere gli atti di elezione del consiglio direttivo) dove siedono ancora – perché non risultano le loro dimissioni – i 4 membri nominati lo scorso dicembre (Giovanni Betta, Alessia Santoro, Piergiorgio Gentile, Simona Girolami) che continuano a maturare il legittimo diritto al pagamento delle più che rispettabili indennità mensili (per fare cosa, a questo punto, è un mistero).
Inutile consultare il sito dell’ente per verificare cariche e ruoli: la parte sulla trasparenza è un deserto, con gli aggiornamenti fermi a marzo scorso.
Indennità, stipendi di collaboratori e spese per beni e servizi acquisiti, conti correnti aperti e anticipazioni chieste. L’uscita di scena di Buschini non ferma i costi di un ente “non-morto” come il conte Dracula e che, come quello, è assetato dei denari dei Comuni ai quali ha chiesto per il 2023 (per coprire le sole spese di funzionamento) 1,2 milioni di euro, che qualcuno alla fine – comunque finirà – dovrà pur scucire.
Forse si sarebbero dovuti riconvocare i sindaci, per decidere cosa fare e se nominare un nuovo presidente. Certo questo è l’iter corretto sulla carta, ma di fronte ha due ostacoli: da una parte la pronuncia del Tar, attesa per inizio dicembre, sulla legittimità degli atti che hanno istituito (unico nel Lazio) l’Egato di Frosinone; dall’altra parte, la procedura legislativa avviata dalla Regione per abrogare la normativa stessa che da vita agli Egato.
Del resto, poi, senza presidente e senza un vice non è neanche chiaro chi debba convocare l’assemblea. Una situazione di stallo che però continua a generare spese che alla fine toccherà ai comuni soci coprire.
Privato del presidente, e in assenza di un vice, l’Egato dei rifiuti non ha più neanche una rappresentanza legale (e chissà cosa vorrà dire questo per le cause in corso). Di più: lo statuto prevede che sia il presidente a convocare il consiglio direttivo, quindi in assenza di questi – anche se a richiesta di altri soggetti legittimati – mancherebbe una valida convocazione. Ancora: le riunioni del consiglio sono valide anche se con soli tre componenti, purché vi sia sempre il presidente, che non c’è più.
L’Egaf, dicevamo, è come il fantasma della regina Anna Bolena, fatta decapitare dal marito Enrico VIII d’Inghilterra per il solo fatto di non essere riuscita dargli un figlio maschio e il cui fantasma in molti giurano di aver visto vagare senza meta, con la testa sotto un braccio, a destra e a manca.