Nubi nerissime si addensano sul futuro della Regione Lazio e del suo sistema sanitario. La Procura di Roma sta indagando, come riportato ieri da Paolo Gianlorenzo sulla Verità, su un rodato metodo attraverso il quale la sanità privata convenzionata avrebbe messo le mani su centinaia di milioni di euro ricorrendo a un sofisticato sistema attraverso il quale venivano emesse fatturazioni ben oltre i budget stabiliti senza la successiva emissione di nota di credito che veniva richiesta dalle varie Asl. Fonti bene informate riferiscono che le fatturazioni (tutte in odore di contestazione) venivano da molti operatori tramutate in immeditate disponibilità finanziarie attraverso la loro cessione a fondi specializzati internazionali con la capacità di portare avanti contenziosi pluriennali per arrivare alla fine al soddisfacimento dei propri crediti. Spesso comprati con tassi di interesse fortemente remunerativi.
Ma al di là del rapporto tra i privati e i loro crediti nei confronti delle Asl ciò su cui cerca di fare luce l’inchiesta della Procura è l’origine del modus operandi che pare aver accomunato tutte le Asl del Lazio. Perchè se destinataria degli accertamenti fosse soltanto una delle Aziende Sanitarie della Regione si potrebbe anche ipotizzare un “dolo” localizzato e ben individuabile. Se i direttori generali al centro dell’indagine sono otto appare invece piuttosto chiaro ed evidente che l’errore (o il dolo) che ha causato l’incredibile voragine con la quale si comincia adesso a fare i conti, sta tutto nelle indicazioni sulle procedure da seguire, in caso di fatturazioni extra budget, ricevute dai contabili delle diverse ASL regionali.
Ma veniamo ai fatti. L’indagine è della Procura di Roma e punta ad accertare la falsificazione dei bilanci da parte delle Asl. Si ipotizza un buco di oltre 900 milioni di euro. La semplice contestazione delle fatture extra budget (contabilizzate) e la successiva richiesta della nota di credito senza appostare il necessario fondo accontonamento rischi avrebbe determinato la redazione di bilanci falsi lontani anni luce dal rappresentare le incognite finanziarie alle quali stavano andando incontro più o meno tutte le Asl della regione. Tutto questo alla fine avrebbe anche permesso l’uscita dal commissariamento durante l’era di Nicola Zingaretti e di Alessio D’Amato.
Veniamo agli indagati che per ora sono otto: Giorgio Giulio Maria Santonocito (Asl Roma 5), Angelo Tanese (dal 2017 al 2019 alla Roma 1), Giuseppe Quintavalle (dal 2017 al 2019 alla Roma 4 e dal 2017 al 2018 commissario della Roma 5), Vitaliano De Salazar (Asl Roma 3 2018-19) Narciso Mostarda (dal 2017 al 2019 alla Roma 6), Vincenzo Panella (dg dal 2018 al 2020 dell’Azienda ospedaliera Policlinico universitario Umberto I di Roma), Flori Degrassi (dg della Roma 2 dal 2018 al 2019) e Giorgio Casati (dal 2018 al 2021 all’Asl di Latina).
Appare evidente che l’inchiesta e l’accertamento delle responsabilità non si fermerà qui. Se venissero accertate regia e linee guida centralizzate nella gestione contabile dei bilanci è chiaro che si aprirebbero fronti che porterebbero direttamente al cuore della gestione regionale (politica e burocratica) degli ultimi anni. Con sviluppi che potrebbero essere clamorosi.
Quello che appare evidente è che difficilmente questo mare di denaro tornerà nelle casse pubbliche anche se potrebbero essere riscontrate condotte fraudolente da parte dei beneficiari di questa gestione delle risorse pubbliche. Gestione che definire allegra e superficiale è piuttosto generoso.