L’ultimo Paese membro dell’Unione Europea a riconoscere ufficialmente la Lingua dei Segni è proprio l’Italia. Dopo anni e anni di richieste e di solleciti a tal proposito, finalmente, lo scorso 19 maggio 2021 tale lingua è stata ufficialmente riconosciuta.
La L.I.S. non è una forma linguistica abbreviata, non è neanche una questione di mimica, un semplice alfabeto manuale o un supporto all’espressione della lingua parlata. E’ una lingua a tutti gli effetti: ha delle proprie regole, una propria grammatica, una propria sintassi, una morfologia e un suo lessico. In poche parole non si tratta di semplici gesti, ma di una forma comunicativa molto elaborata.
Dalla sua ufficializzazione cosa realmente è cambiato rispetto al passato? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Michela Macchiarola, responsabile della sede di Frosinone dell’Ente Nazionale Sordi.
Dottoressa, finalmente il riconoscimento…
“Sì, finalmente il nostro accorato appello è stato accolto. Sono anni che ci battiamo per una conquista che non appartiene solo alla categoria delle persone sorde, ma alla società civile tutta. Non è possibile ancora oggi escludere da determinati contesti le persone che non possono sentire. E’ un’assurdità. Pertanto ci riteniamo finalmente soddisfatti del risultato ottenuto, che altro non è se non il mettersi in riga con il contesto europeo.
Ma davvero l’Italia, tra i primi Paesi al mondo per l’Inclusione, il sostegno alle persone con svantaggio psicofisico, è stato l’ultimo Paese dell’Europa ad ufficializzare la Lingua dei Segni?
“Sì, purtroppo è così. Solo lo scorso 19 maggio 2021, il Parlamento ha approvato l’articolo 34-ter del Decreto Sostegni, con il quale “La Repubblica riconosce, promuove e tutela, la Lingua dei Segni Italiana (LIS) e la Lingua dei Segni Italiana Tattile (LIST)”. Una data storica per la nostra categoria, e per tutte le persone che ruotano attorno alla nostra realtà; è stato finalmente possibile parlare di Lingua
ufficialmente riconosciuta”.
Cosa ha concretamente cambiato la conquista ottenuta e soprattutto come esattamente intervenite a sostegno delle persone sorde?
“Beh, innanzitutto la soddisfazione di aver ottenuto una ‘qualità’ che ci apparteneva. Ora potremo serenamente lavorare per l’inserimento in ogni contesto di studio, lavorativo, sociale delle persone sorde. Senza dover in sostanza chiedere il permesso ad alcuno. Nella scuola ad esempio, abbiamo delle nostre figure, professionalmente preparate, che affiancano il docente nella comunicazione. Ufficialmente si tratta di Comunicazione aumentativa e alternativa (CAA). L’operatore conosce esattamente le
tecniche, le strategie e le tecnologie atte a semplificare e ad incrementare la comunicazione in tutte quelle persone che hanno difficoltà ad usare i più comuni canali comunicativi”.
I fondi stanziati dalla Regione riescono a coprire le spese formative e di assistenza per ogni ordine di scuola?
“No. Purtroppo se una persona sorda vuole accedere all’Università, dovrà lei stessa (attraverso la sua pensione di assistenza) o la sua famiglia, farsi carico delle spese. Noi abbiamo le risorse per intervenire solo fino all’ultimo anno della Scuola secondaria di secondo grado. E’ ancora un tassello mancante che penalizza comunque la categoria delle persone sorde”.
Ed è anche una sorta di ingiustizia, considerato che frequentare cinque anni di università, tra ore di lezione, di studio ed esami, rappresenta senza dubbio una spesa ingente e non sempre facilmente sostenibile dalle famiglie. Intanto l’ufficializzazione, seppur con un ritardo ingiustificato, è arrivata… Resta ora da lavorare sul potenziamento ad ampio spettro.