Eravamo stati noi di Politica7 a richiamare al motto latino del “nemmeno il sospetto sulla moglie di Cesare”. Una frase che indica che chi fa politica e amministra la cosa pubblica non può essere sfiorato neppure dal sospetto. Né lui né quelli che gli sono più vicini. Perché in casi del genere l’essere e l’apparire (al di sopra di ogni sospetto) sono categorie che si sovrappongono, si fondono. Al Comune di Ceccano è successo esattamente questo nella lunga e tormentata giornata di ieri. Finita con le dimissioni di massa di 13 consiglieri, 7 dei quali della maggioranza. L’atto sottoscritto nello studio del notaio Arnaldo Parisella ha messo fine alla consiliatura. Adesso il Prefetto Ernesto Liguori nominerà un commissario che guiderà l’ente fino alle prossime elezioni, che si terranno nella primavera del 2025.
Per la cronaca e per le statistiche per due volte consecutive Roberto Caligiore non è riuscito a terminare la consiliatura (e a questo proposito, a ripensarci bene, alcune frasi del povero Roberto Savy scomparso pochi giorni fa, che fu uno dei dissidenti della prima maggioranza Caligiore, oggi sembrano quasi profetiche…)
Per due volte le dimissioni di massa (per motivi completamente diversi) hanno messo fine all’esperienza amministrativa e politica. Adesso si apre una fase diversa, dopo che lo tsunami giudiziario ha letteralmente stravolto l’intera comunità di Ceccano.
L’ormai ex primo cittadino Roberto Caligiore avrà la possibilità di difendersi nel processo e potrà farlo da privato cittadino. Sarà un iter sicuramente lungo e impegnativo, ma è l’unico percorso possibile. Stesso discorso per gli altri indagati.
Poi c’è l’aspetto politico e va detto che le dimissioni di massa hanno rappresentato anche uno scatto sotto questo punto di vista: restituire la parola ai cittadini e quindi prepararsi ad una campagna elettorale destinata a lasciare il segno è un elemento di chiarezza e di trasparenza. In questo modo la politica ha deciso di andare avanti coi suoi tempi e i suoi modi. Evitando di dover rincorrere le vicende giudiziarie.
Non è stato semplice per la maggioranza di centrodestra apporre quelle sette firme in calce al documento delle dimissioni di massa. La coalizione ha provato ad andare avanti, ma presto ha dovuto fare i conti con situazioni di difficoltà obiettiva, che hanno reso impossibile perfino pensare di andare avanti sul piano amministrativo come se niente fosse. Perché l’intera vicenda ha scosso assessori e consiglieri di maggioranza, che si sono ritrovati dall’oggi al domani a dover fare i conti con situazioni lontane dal loro modo di concepire la politica.
Le opposizioni dal canto loro hanno deciso di aggiungere le loro firme con un obiettivo: determinare lo scioglimento del consiglio e arrivare ad elezioni anticipate. Emanuela Piroli e Andrea Querqui hanno ragionato su questo. Dalla parte della maggioranza non hanno firmato gli esponenti della lista civica che ha fatto riferimento a Caligiore. Anche se non lo hanno fatto per rimarcare vicinanza all’ex sindaco. Tutt’altro. Si sono sentiti poco coinvolti nella decisione delle dimissioni presa, a loro avviso, senza il necessario coinvolgimento di tutti.
Per l’intera giornata di ieri la maggioranza di centrodestra si è interrogata sul da farsi: in maniera forte, vera, lacerante, drammatica. Federica Aceto si era caricata la pesante responsabilità di sindaco facente funzioni. Ma ci sono dei momenti nella vita delle persone nei quali è complicato distinguere tra cuore, cervello, nervi e pancia. Momenti nei quali le emozioni e le tensioni non rappresentano dei limiti che offuscano la lucidità, ma che anzi amplificano le percezioni. Alla fine sono state proprio le percezioni, calibrate sul sentiment che c’è da giorni a Ceccano, a convincere tutti che l’unica cosa giusta da fare era quella di staccare la spina. Rimettendosi al giudizio del popolo sovrano. Quelle tredici firme in fondo non rappresentano soltanto l’ultimo atto di questa seconda consiliatura. Ma anche un sussulto della politica, che prova a rimettere al centro del dibattito le scelte delle persone. Ci sarà tempo per capire e metabolizzare gli effetti di un autentico “terremoto” che ha investito il Comune fabraterno. Intanto però si sono poste le condizioni per una campagna elettorale niente affatto scontata. La Liguria insegna che gli elettori sanno ben distinguere e valutare le vicende. Separando responsabilità personali e politiche. Passione, impegno e determinazione sono i fattori che potranno fare la differenza. Anche se il primo requisito richiesto è una “rigenerazione” che passi attraverso metodi e comportamenti che siano lontani anni luce da quelli descritti nell’ordinanza “Good Lobby”