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L’assordante silenzio di Stellantis

Massimo Pizzuti
Il presidente di Unindustria Cassino Vittorio Celletti allarga il discorso e dice che la transizione energetica, così come concepita, rischia di affossare l’intero comparto europeo dell’automotive. E ha ragione. Preoccupazioni crescenti per il futuro dello stabilimento cassinate. John Elkann snobba il Parlamento, Giorgia Meloni lo fulmina: “Gli sfuggono i fondamentali”.
Ottobre 31, 2024

Le preoccupazioni per il futuro dello stabilimento Stellantis di Piedimonte San Germano sono enormi. Tanto più perché la crisi dell’automotive ha dimensioni europee. Un elemento che ha colto il neo presidente di Unindustria Cassino Vittorio Celletti. Il quale infatti ha spiegato che “il settore auto sta affrontando una transizione che va governata non subita”. “I tempi imposti dall’Europa – ha detto – per la transizione verso i motori elettrici non sono assolutamente realistici. Non siamo pronti, le nostre aziende non sono tutte pronte. Non solo nel Lazio, in Italia, ma in tutta Europa. Quanto sta accadendo anche in Germania con la Volkswagen ne è la prova. Tutti i dati relativi alla produzione dell’industria auto motive italiana sono molto preoccupanti e nei prossimi mesi la situazione rischia di diventare drammatica. Chiediamo pertanto al Governo strumenti per gestire e supportare la transizione: più tempo anche con ammortizzatori sociali straordinari perché non ci possiamo permettere aziende che chiudono e perdita di competenze”. Questo perché “si sta mettendo a rischio un capitale umano e tecnologico unico”. Unindustria non vuole rinunciare all’automotive. E’ la stessa posizione espressa dal vicepresidente della Regione Lazio Roberta Angelilli.
Ma l’Europa in queste condizioni può davvero pensare di rimanere competitiva nel settore dell’automotive? La domanda è più che lecita perché il Green Deal, così come è stato concepito, non può essere “scaricato a terra” a costo zero. Una serie impressionante di regole che nell’immediato mettono fuori gioco i produttori del vecchio Continente. Li mettono fuori gioco perché invece in Asia e in buona parte del resto del mondo le regole non ci sono. E soprattutto nessuno le farebbe rispettare. Il Green Deal va rivisto in fretta e l’Unione Europea non può tergiversare.
Poi c’è la questione dell’effettiva volontà di Stellantis di continuare ad investire in Italia e, nello specifico, nello stabilimento del cassinate. La mobilitazione del territorio è massima e il ministro Adolfo Urso ha risposto alle preoccupazioni sintetizzate nell’intervento del presidente della Provincia Luca Di Stefano. Il fatto è che da Stellantis non arrivano segnali veri da mesi e mesi. Per queste considerazioni la proposta lanciata dal presidente del Consorzio industriale Raffaele Trequattrini è seria e va tenuta in considerazione. Parliamo dell’ipotesi di riconversione di quei siti. Trequattrini ha indicato possibili opzioni legate a soggetti importanti come Fincantieri e Leonardo. D’altronde si tratta pure di analizzare la situazione con realismo e lucidità. Da anni le scelte di Stellantis per quanto riguarda lo stabilimento di Piedimonte, al di là degli annunci, non vanno mai nella direzione di una ripresa a pieno regime sul piano produttivo. Men che meno sul versante occupazionale: da quanto tempo c’è un ricorso massiccio esclusivamente agli ammortizzatori sociali?
Tutti vorrebbero mantenere l’automotive, autentico fulcro dello sviluppo in Ciociaria nei decenni passati. Ma se ormai l’unica prospettiva è quella di un lente o inesorabile declino, perché non provare ad affrontare seriamente il tema della riconversione? Tanto più che Stellantis continua a non dare risposte all’Italia. Il presidente John Elkann non è andato in Parlamento, provocando una forte reazione bipartisan delle forze politiche. Al punto che il presidente del consiglio Giorgia Meloni ha detto: “Ha mancato di rispetto al Parlamento. Gli sfuggono dei fondamentali, le Camere sono diverse dal Governo. Quello con Stellantis è un dialogo che continueremo a fare senza sudditanza e senza condizionamenti”. Elkann ha motivato la sua decisione con il fatto di “non avere nulla da aggiungere a quanto illustrato dall’amministratore delegato Carlos Tavares”, che in Parlamento ha riferito l’11 ottobre scorso. Tommaso Foti, capogruppo di FdI alla Camera, ha detto: “Dopo tutto Elkann porta su di sé varie eredità, tra le quali quella di una specialità che ha contraddistinto la Fiat negli anni, e cioè la straordinaria propensione a socializzare le perdite e lasciare ai suoi azionisti gli utili. Non deve adombrarsi se con il centrodestra la musica cambia”.

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