Ancora un trionfo in Davis, e stavolta c’è anche la contestuale conquista della Bille Jean King Cup tra le donne, trascinate dalla piccola grande Paolini. Il mondo forse non si stupirà oltre il lecito che la nazione con in campo il numero 1 abbia prevalso sulla concorrenza.
A noi però fa un certo effetto, indubbiamente. Perché prima che Sinner impattasse sulla scena del tennis mondiale con il suo straordinario talento e la sua mentalità vincente, l’Italia in 110 edizioni aveva vinto una sola volta, quella famosa del 76, con la discussa finale giocata in casa del Cile di Pinochet.
I 32 trionfi degli Stati Uniti e i 28 dell’Australia resteranno irraggiungibili, ma quella che è iniziata nel 2023 a Malaga potrebbe davvero essere un’egemonia della nostra nazione, perché dietro il formidabile rosso della Val Pusteria si agita un movimento che potrebbe davvero sbaragliare il campo.
Su Jannik ormai si è detto tutto, ma per lui possono parlare i numeri, davvero sbalorditivi: 93 vittorie nelle ultime 101 gare giocate, 8 tornei vinti più la Davis su un totale di 15 tornei giocati, mai uscito di scena prima dei quarti di finale, 73 incontri vinti su 79 nel 2024. E una sicurezza che cresce, come un fiume in piena.
GLI ALTRI
Dietro il trascinatore, un coprotagonista ritrovato: Matteo Berrettini, 28enne, numero 6 del mondo quale top ranking, una finale di Wimbledon, due semifinali nei major sul cemento e quarti al Roland Garros, 10 titoli ATP, sembra infatti aver ritrovato l’antico smalto. Si affida, inevitabilmente, al servizio e al suo dritto, particolarmente incisivo se a sventaglio, ma del rovescio, punto debole sul cemento, fa buon uso sul rosso e buonissimo sull’erba, dove il suo slice può far male.
Lorenzo Musetti, crocefisso poco opportunamente dalla critica per la sua scialba esibizione contro il coriaceo Cerundolo, è di fatto il talento più autorevole (escludendo Sinner) della nidiata tricolore. I suoi movimenti ampi e la sua tendenza a stazionare troppi metri dietro la linea di fondo sono controindicazioni importanti quando gioca sul cemento, ma anche sul “duro” Lorenzo quest’anno ha compiuto significativi passi avanti. La finale del Queen’s, persa da Tommy Paul, e la semifinale di Wimbledon, in cui ha ceduto a Djokovic sono testimonianze dell’enorme crescita sull’erba, in una stagione in cui ha raggiunto la finale anche ad Umago, a Chengdu (cemento) e nei due challenger di Cagliari e Torino, con la perla della medaglia di brono conquistata alle Olimpiadi. E’ attualmente 17 del mondo, ma non è scaramatico e prende il dato con la giusta soddisfazione.
Flavio Cobolli, romano nato a Firenze, è invece il giocatore che in stagione ha fatto registrare la crescita più cospicua. Chiude il 2024 da numero 32, impensabile lo scorso anno, quando era 100 dopo le Next Gen di fine stagione. Cresciuto nella tecnica e nella mentalità, ha saputo far partita con giocatori che ancora lo precedono nettamente nel ranking ATP e questo testimonia la sua mentalità di lottatore, dato per nulla trascurabile.
Matteo Arnaldi non è invece stato protagonista di una stagione straordinaria, ma è riuscito a conservare una classifica più che dignitosa (numero 37). Il 2025 sarà per lui uno snodo cruciale, perché un anno di assestamento può starci, due un po’ meno. La sensazione è che debba imparare a gestire “la normalità”, cioè la capacità di giocare colpi all’80% del potenziale. Non si può “tirar tutto”, sempre e comunque, è su questo che deve lavorare.
Luca Nardi è stato anch’egli autore di una stagione in chiaroscuro. Battere Novak Djokovic e buscarle dal numero 270 non è una cosa del tutto ordinaria. Il giovane talento pesarese ha chiuso la stagione in crescendo, con la finale raggiunta ad Helsinki ed il successo a Rovereto. Nei Challenger è già un portento, ma nei tornei ATP per ora paga dazio a una certa assuefazione alla sconfitta. Anche per lui, in odore di assumere una nuova guida tecnica, il 2025 potrebbe diventare un anno fondamentale.
Luciano Darderi completa la pattuglia di giovani arrembanti del nostro movimento tennistico, con innegabili doti tecniche e non trascurabili virtù agonistiche. Più in là, in un orizzonte più ampio brilla il talento di Federico Cina, siciliano diciasettenne che ha già sbalordito nella categoria Juniores ed ha ben approcciato nei tornei Challenger.