Per non pagare 3.600 euro di crediti vantati dalla ex Ecopro, il Comune di Frosinone è finito per doverne scucire quasi 10.000, tra interessi, oneri e spese legali.
E’ una piccola storia, ma è sintomatica di quanti problemi abbia ancor oggi la pubblica amministrazione e di come, sempre più spesso, i burocrati cerchino di evitare qualsiasi responsabilità, premi, incentivi e gratifiche varie.
La Ecopro, ora in liquidazione, è stata una cooperativa della provincia di Frosinone che gestiva le pratiche ambientali, nata grazie al cosiddetto pacchetto Treu (primo Governo Prodi) che aveva consentito di stabilizzare 11 Lpu dell’Amministrazione provinciale.
Vantava un credito verso il comune di Frosinone di 3.600 euro. Chiede il pagamento, emette fattura, ma dal Municipio, per oltre 7 anni, fanno orecchie da mercanti. Non c’è alcun impegno si spesa per quella somma e non si può pagare. La cooperativa, nel 2015, si rivolge allora al Giudice di pace che, viste le carte, concede un decreto ingiuntivo contro il Comune capoluogo: ai 3.600 euro iniziali si aggiungono così ulteriori spese per l’azione monitoria, gli interessi e i primi oneri.
Il Decreto viene notificato al Comune, che non paga lo stesso; il provvedimento diventa esecutivo ma dal Municipio continuano a fare spallucce. Passa ancora qualche mese e nel 2016, decreto esecutivo alla mano, la cooperativa si rivolge al Tar del Lazio, chiedendo l’ottemperanza al provvedimento del Giudice di Pace. Il Comune di Frosinone non solo non paga, ma evita anche di costituirsi in giudizio per curare la propria difesa.
Per i Giudici del Tribunale Amministrativo, il Municipio deve pagare; il decreto è passato in giudicato e quindi alle casse comunali non resta che tirare fuori i denari. Ma dal Comune non ci pensano proprio e nonostante la sentenza del Tar assegni (ancora) 60 giorni di tempo al Municipio per uniformarsi a quanto stabilito dal Giudice di Pace, l’ente resta inadempiente, tanto che – come previsto dal Tar – viene nominato, dal Prefetto, un commissario ‘ad acta’ che si sostituisce al Comune per l’adozione dei necessari atti di liquidazione.
Nel frattempo, i giudici amministrativi hanno condannano il Comune anche a pagare le spese legali del giudizio di ottemperanza: altri 1.500 euro oltre accessori di legge. Il commissario si insedia in Comune e nel giro di 24/48 ore fa esattamente quello che nessuno aveva voluto fare prima: riconosce il debito fuori bilancio e liquida le somme dovute. Attenzione, però, alla fine della giostra non parliamo più di 3.600 euro ma siamo saliti a oltre 8.100 euro a cui va ora aggiunta la parcella dello stesso commissario, che presenta il conto al Tar del Lazio. I giudici, verificato il lavoro svolto e la documentazione prodotta, liquidano allora l’ulteriore somma di 500 euro al professionista.
Oggi, dopo oltre 7 anni dall’inizio di questa strana vicenda, il dirigente del settore Risorse ha finalmente provveduto a chiudere tutti i conti e liquidare il dovuto.
Una sola domanda: ma perché ci si è ostinati a non voler pagare somme sicuramente dovute? E perché per non pagare 3.600 euro iniziali si è finito con lo sborsarne quasi 10.000?