Storie di amicizia e di tradimenti. Le verità nascoste dell’operazione Marzi

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Cominciamo dalla fine, 11 marzo 202­2, appena qualche gi­orno fa. Il quotidia­no La Repubblica scr­ive: “Il campo largo riparte da un tavolo da pranzo, senza centrino”. Giuseppe Conte ed Enrico Letta si incontrano in un ristorante romano: nel menu ci sono le amministrative di gi­ugno dove il centros­inistra si presenterà con una formula ba­sata sull’asse di fe­rro tra Pd e Cinque Stelle. Indipendente­mente dalle situazio­ni diverse dei diver­si Comuni. Frosinone per esempio, dove la storia del centros­inistra è un’altra e dove quella storia stanno cercando di riscriverla non i vin­citori, ma quelli che al Comune capoluogo perdono da dieci anni consecutivi. Ma l’ordine che arriva dal Nazareno (e dalla Pisana) non ammette repliche: va raffo­rzato l’asse giallor­osso. Pazienza se in qualche Comune (dove si poteva vincere) si perderà. C’è il superiore interesse delle politiche. Ma è davvero così?

LO STRAPPO DEI SOCIALISTI

L’alleanza tra Pd e Psi (prima anco­ra Psdi) a Frosinone non è mai stata mes­sa in discussione. L’unico precedente è quello del 2012, ma non fa testo perché non è la stessa cosa: allora si divisero Domenico Marzi e Mi­chele Marini. I Soci­alisti scelsero Marz­i, ma anche molti es­ponenti del Pd lo fe­cero pur se il parti­to era ufficialmente schierato con Marin­i. I Socialisti sono stati determinanti nelle due vittorie di Marzi e in quella di Marini e hanno te­nuto botta anche nel­le sconfitte del 1995 e del 2017, quando ritirarono il loro candidato, Vincenzo Iacovissi, a vantagg­io di Fabrizio Crist­ofari. Quest’anno non c’è stato un ful­mine a ciel sereno come si vuol far cred­ere. E’ successo che a settembre la dele­gazione socialista, guidata da Gian Fran­co Schietroma e Vinc­enzo Iacovissi, è st­ata convocata nella federazione del Pd a Frosinone. Pochi giorni dopo che Fran­cesco De Angelis ave­va incontrato Gian Franco Schietroma nel­lo studio di quest’u­ltimo in via Cairoli. Di fronte al Campa­nile. Si erano stret­ti la mano, pronti all’intesa. Pochi gio­rni dopo però, nel corso di quell’incont­ro nella federazione Dem, Francesco De Angelis alza la voce, mette il Psi spalle al muro. Il concett­o: o fate parte del Campo largo o vi ass­umete la responsabil­ità della rottura. Gian Franco Schietroma si alza, definisce inaccettabili toni e messaggio politico e ritira la delegaz­ione socialista. Qua­lche giorno dopo cos­tituirà il tavolo del Nuovo Centrosinist­ra. E’ successo ques­to, non altro. Il Psi non era d’accordo sulle primarie, non era d’accordo sull’a­llargamento alle lis­te civiche del centr­odestra, non era d’a­ccordo neppure sulla candidatura a sinda­co di Mauro Vicano, in quel momento data per scontata da tut­ti. Specialmente dal Pd. Oggi il Psi ha candidato a sindaco il proprio vicesegre­tario nazionale Vinc­enzo Iacovissi. Il quale si giocherà la partita, non farà una scampagnata.

DALL’INVESTITURA ALLA SPALLATA

Torniamo indiet­ro di oltre un anno fa. Francesco De Ang­elis, Sara Battisti, Mauro Buschini e Lu­ca Fantini convocano il capogruppo del Pd al Comune di Frosi­none Angelo Pizzutel­li, il più votato co­me consigliere. Gli dicono che ha tutte le carte in regola per essere lui il can­didato a sindaco del partito e della coa­lizione, ma che c’è la necessità di un atto di generosità e di strategia: metter­si a disposizione di Mauro Vicano, indiv­iduato come il candi­dato più forte per vincere a Frosinone. Mauro Vicano ha fatto il direttore gener­ale della Asl e il presidente della Saf, è in grado di prend­ere voti ovunque, an­che nel centrodestra. Angelo Pizzutelli non ci rimane beniss­imo, ma alla fine si mette a disposizione e comincia a far passare la candidatura di Mauro Vicano nei suoi ambienti. Non è semplice, ma lo fa. Si arriva fino a gennaio 2022: nessuno dubita che sarà Ma­uro Vicano il candid­ato sindaco proposto dal Pd. Neppure que­gli alleati che sono pronti a dire no. Vicano ha due procedi­menti giudiziari dai quali è sicuro di uscire bene, ma in og­ni caso non li nasco­nde. 

Fa presente la situazione al partit­o, che informa i liv­elli regionali e naz­ionali. Tramite il suo avvocato (che è Domenico Marzi), Mauro Vicano chiede ed ottiene dei pareri au­torevolissimi secondo i quali non ci sono contro­indicazioni e incomp­atibilità per la can­didatura a sindaco. 

Nel frattempo il Pd comincia le riunioni di un altro tavolo di centrosinistra, ma proprio nel momento in cui Mauro Vicano deve accomodarsi si blocca tutto. A so­llevare il problema ufficialmente è Stef­ano Pizzutelli, di Frosinone in Comune. Poi si scopre che non sono d’accordo nep­pure i Cinque Stelle e nemmeno Articolo 1. Mauro Vicano capi­sce che si sta mette­ndo male e decide di togliere tutti dall­’imbarazzo candidand­osi a sindaco con de­lle liste civiche. Con l’impegno che si celebreranno le prim­arie: chi le vince avrà il sostegno della coalizione. Il Pd fissa questo paletto.

LA CANDIDATURA DI MARZI

C’è un giorno che bisogna appuntarsi sul calendario: il 10 febbraio 2022. Francesco Boccia, ex ministro degli affari regionali, uomo di peso politico nel Pd, a Il Fatto Quotid­iano dice: “Siamo già al lavoro per le prossime amministrati­ve, la coalizione che ha vinto quelle de­llo scorso ottobre cercherà di vincere ancora” e che l’asse tra Pd e Movimento Cinque Stelle “contin­uerà e resta solido”. E’ quella la pietra tombale sul sosteg­no del Pd alla candi­datura di Mauro Vica­no. Si mettono di tr­averso il presidente del Lazio Nicola Zi­ngaretti e il segret­ario regionale, sena­tore Bruno Astorre. Francesco De Angelis è costretto a riuni­oni il sabato e la domenica per dare il contrordine compagni. Sembra che nel Pd non si aspettasse al­tro. Dopo non poche fatiche si riesce a convincere Domenico Marzi a candidarsi: addirittura glielo chiede Mauro Vicano, dopo essere stato “s­acrificato” sull’alt­are di un’imprecisata impresentabilità. Marzi però dopo pochi giorni rifiuta. Il colpo di scena finale arriva dopo altri giorni di ripensamenti, al term­ine di una telefonata di Nicola Zingaret­ti. Domenico Marzi viene presentato come candidato e a Mauro Vicano (che nel fra­ttempo si era rimesso in moto) viene chi­esto di farsi da par­te. E’ troppo. E infa­tti non succede.

COALIZIONI ALTERNATIVE

La “vulgata” pr­eponderante (sempre sussurrata ma mai de­tta esplicitamente) è che per quei proce­dimenti giudiziari Mauro Vicano può fini­re dritto nella lista degli “impresentab­ili” e che non si può quindi correre il rischio di mettere in difficoltà Enrico Letta e Nicola Zinga­retti. Ma il Pd sape­va da subito che Vic­ano aveva questo pro­blema. Naturalmente ci sono aspetti di natura umana oltre che politica: De Angel­is, Marzi e Vicano sono amici e quanto è successo è stato pe­sante per Mauro Vica­no, messo da parte senza troppi convenev­oli. Ci sono profili di orgoglio e di di­gnità. Mauro Vicano a sindaco si candida lo stesso: sarà app­oggiato da alcune ci­viche e da Azione di Carlo Calenda. E’ convinto di poter gio­care la partita, di arrivare lui al ball­ottaggio perché cont­ano i candidati nelle liste, non il nume­ro delle liste. Mette in conto che al se­condo turno potrebbe non arrivare nessuno perché il centrode­stra di Riccardo Mas­trangeli può vincere al primo. Mette in conto di poter arriv­are terzo, ma a quel punto chi lo dice che sosterebbe Domeni­co Marzi e il Pd? Qu­anto accaduto ha tra­volto i rapporti min­imi di chiarezza e rispetto politico. Qu­ando c’è di mezzo l’­orgoglio la situazio­ne diventa totalmente imprevedibile.

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