Guardiamo in faccia la realtà: nei Comuni con più di 15.000 abitanti, tanto più se parliamo di capoluoghi di provincia, l’impronta politica dovrebbe essere forte.
E’ esattamente questo il motivo per il quale i leader nazionali cerchiano sul calendario la date delle elezioni amministrative in tali centri. Nel 2022 a Frosinone sono accadute, tra le altre, due cose. Nel centrosinistra Nicola Zingaretti, allora presidente della Regione Lazio, “impose” la coalizione del Campo Largo (Pd e Cinque Stelle insieme), sacrificando sia la designazione a sindaco di Mauro Vicano che le possibilità di un’alleanza che senza i pentastellati poteva perlomeno provare a guardare di più nella direzione dei moderati.
Quanto al centrodestra, nei mesi precedenti il voto, la frattura tra l’allora sindaco Nicola Ottaviani (Lega) e Fratelli d’Italia era stata forte, per via della rimozione come assessore di Fabio Tagliaferri. Ma proprio Fabio Tagliaferri e il parlamentare Massimo Ruspandini (leader di FdI in provincia), fecero prevalere sia il ragionamento politico che la necessità di tenere unita la coalizione. E così decisero che Fratelli d’Italia avrebbe sostenuto Riccardo Mastrangeli. A distanza di tre anni il quadro si è polverizzato. Qualche esempio? Forza Italia è fuori dalla maggioranza da tempo, in opposizione all’Amministrazione Mastrangeli. Il centrosinistra è andato in frantumi: Lista Marini e Polo Civico appoggiano il primo cittadino, la Lista Marzi è determinante per garantire il numero legale. Quanto al Partito Democratico, è rimasto all’opposizione ma le dinamiche congressuali sono prevalenti. E il capoluogo non è una priorità. Da ultimo gli attriti (è un eufemismo) tra Fratelli d’Italia e Riccardo Mastrangeli, sindaco in quota Lega. Conclusione: panorama che più frammentato non si può, incertezza assoluta sugli schieramenti e sulle alleanze in vista del 2027.
COME DICEVA VASCO ROSSI C’È QUALCOSA CHE NON VA
Sul piano politico la situazione al Comune di Frosinone è una vera e propria anomalia nel centrodestra. Sia con riferimento al piano provinciale che a quello regionale.
Per due anni abbiamo ascoltato questo ragionamento: il punto di riferimento è la Regione Lazio, dove il presidente Francesco Rocca non ha mai toccato gli equilibri dei partiti in giunta perché ha tenuto presente il risultato elettorale.
Anche quando sono cambiati gli assetti dei gruppi consiliari di Forza Italia (cresciuto) e della Lega (diminuito).
Vero, ma questo è stato possibile perché Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega mai hanno messo in discussione l’unità della coalizione. Su queste basi a dicembre 2024 Francesco Rocca e Claudio Fazzone (leader degli “azzurri” nel Lazio) hanno chiuso una lunga stagione di fibrillazioni con una soluzione condivisa che ha mantenuto l’impianto numerico della partecipazione in giunta, mutando il peso di alcune deleghe.
Ulteriori e successivi problemi non sono mai mancati. Così come si registrano pure nei Comuni della Ciociaria dove il centrodestra governa. Ma a Frosinone sono successe cose profondamente diverse. E’ venuto il momento di guardare in faccia la realtà.
A luglio 2024 il sindaco Riccardo Mastrangeli ha sancito lo strappo con Forza Italia quando ha deciso di mantenere in giunta, come suo tecnico di fiducia, l’assessore Adriano Piacentini, sfiduciato dagli “azzurri” (il quale, per inciso, ha anche vissuto i suoi quindici giorni da leone con la delega per sostituire il sindaco durante le ferie). Su questa posizione, quella dell’insistere su Piacentini assessore, è indubbio che Mastrangeli si sarà confrontato con Nicola Ottaviani, parlamentare e coordinatore provinciale del Carroccio.
A Frosinone l’assetto dei gruppi di maggioranza è irriconoscibile rispetto al risultato delle urne. La giunta non è stata toccata sul versante delle quote di rappresentanza attribuite inizialmente ai partiti e alle liste civiche, ma è bene sottolineare che non si tratta di una situazione paragonabile a quella della Regione.
Inoltre nelle ultime settimane sono accaduti fatti che che non potranno non lasciare il segno. I due assessori di Fratelli d’Italia non hanno partecipato alla riunione della giunta in cui c’è stata la presa d’atto del tracciato del Brt perché il partito e il gruppo avevano avanzato delle richieste finalizzate ad attutire l’impatto di una “rivoluzione” che avrà degli effetti forti. Il punto non è che la mobilità urbana era inserita nel programma che tutti hanno accettato. È che appare evidente come lo scenario della realtà sia profondamente diverso da quello ipotizzato.
IL BRT RISCHIA DI ESSERE L’ASCENSORE INCLINATO 2.0
Il Bus Rapid Transit rischia di trasformarsi in una “Circolare” che avrà difficoltà enormi a coprire in dieci minuti il tratto tra la Stazione e De Matthaeis. Tutti si sono resi conto che le carreggiate sono strette e che è impossibile prevedere contemporaneamente piste ciclabili, Brt e tutto il resto. Ma affrontare questo tema viene considerata una sorta di lesa maestà.
D’altronde questa strana città è stata sempre amministrativo, dall’era Ottaviani, con il mantra che cambiare idea su qualcosa lasciasse chissà quale stigma…
Quello che nessuno non dice è che non sarà un problema perdere I soldi del Brt perchè il Brt è ormai chiaro che non servirà a nulla. Se non a far felice il fornitore di turno incredulo di aver trovato un cliente così affezionato all’idea nonostante strade da capoluogo anni cinquanta.
Ma questo pensa Ottaviani e questo si deve fare. Non conta nulla, assolutamente nulla, che nove o dieci membri che hanno permesso a lui prima e a Mastrangeli dopo di governare la città la pensino in maniera diametralmente opposta.
Non conta nulla se a prendere le distanze è anche quel Massimiliano Tagliaferri da sempre baricentro dell’accordo politico di tutta l’area Ottaviani e il resto della coalizione. Non conta nulla se a storcere il naso sia pure Fabio Tagliaferri (che dentro FdI non è certo l’ultimo arrivato) con i suoi consiglieri.
Si procede “a sfondare” con un celodurismo di bossiana memoria anacronistico, ingiustificato e irrispettoso della coalizione e degli alleati.
L’anomalia politica del capoluogo nasce dal fatto di non voler prendere atto che l’intera coalizione di centrodestra va ricalibrata sulla situazione attuale. Sia politica che progettuale, con riferimento alla città. Mentre invece si va avanti esclusivamente lungo l’asse Mastrangeli-Ottaviani-Piacentini, che in questo momento non ha peso e riferimenti politici. Come se il tempo si fosse fermato.