Una finale tra cugini. Non parliamo del torneo estivo alla Pinetina di Baia Domizia e nemmeno di un campionato provinciale Quarta Categoria.
Eh no, parliamo di un mille. Mille un po’ matto, certamente. Giocato in quel di Shangai, temperatura mai inferiore ai 35 gradi e tasso di umidità tra l’80 ed il 90%.
Condizioni al limite, ritiri a gogó, e tra essi persino quello della testa di serie numero 1, Jannik Sinner. Alcaraz non c’era, ma dei primi 40 del mondo ce n’erano 35, quanto bastava e avanzava per prevedere una finale tra top ten.
E invece all’ultimo atto sono arrivati Arthur Rinderknech e Valentin Vacherot, che a inizio torneo erano 52 e 204 del ranking ATP.
Sembra una favola già così, ma manca il più fiabesco degli elementi: Arthur e Valentin sono cugini. Già, proprio cugini, e magari a Natale siedono vicini in un tavola imbandita, col foie gras, il tacchino alle castagne e la Buche de Noel. Vacherot è partito da lontano, perché è passato dalle qualificazioni, obbligatorie per chi è numero duecento e rotti… Rinderknech, carriera onesta, servizio importante e 42 di best ranking, non immaginava di centrare una finale mille a 30 anni e due mesi. Se poi gli avessero detto che l’avrebbe giocata col cugino, avrebbe probabilmente preso a male parole l’incauto profeta.
E invece, un turno dopo l’altro, “les cousins” hanno spostato un centimetro più in là la linea dello stupore, fino a portarlo sul terreno dell’inimmaginabile.
Nel penultimo atto a Vacherot è toccato Navak Djokovic, il tennista più vincente d’ogni epoca. Il ventisettenne monegasco non si è scomposto, e quando dall’altra parte il campione di tutto, vincitore di 24 major e di 100 titoli ATP, ha cominciato ad accusare problemi fisici, ha iniziato a pensare che forse persino quell’Himalaya potesse essere scalato con i ramponi della buona volontà e con un estro tennistico in offerta speciale (una settimana da Dio non è più solo un film).
Quando Valentin il monegasco ha completato l’opera, il buon Arthur, che chiamandosi come Rimbaud ha il dovere morale di una fertile immaginazione, ha ritenuto un suo preciso dovere sbarazzarsi dell’avversario. Va detto però che l’avversario era il russo Medvedev, ex numero uno del mondo, smanioso per suo conto di riprendersi un posto in top ten.
Dopo un primo set che non asseconda il copione, ecco che dal secondo parziale Rinderknech ritrova il suo micidiale servizio e strappa persino da fondo l’iniziativa al più quotato avversario.
Il terzo set sembra favorevole di nuovo al russo, che tiene la battuta con più facilità e si procura palle break, puntualmente annullate da Arthur, che non sarà un poeta maledetto, ma è un giocatore niente male quando ispirato al punto giusto.
E finisce con un 6/4 che scrive la favola, fa impazzire i tecnici, e ancor più i bookmakers. Chissà se qualcuno ha giocato una simile finale: improbabile, forse impossibile. Ma da oggi nel tennis niente più è impossibile.
Finale Shangai: Vacherot-Rinderknech. E non è uno scherzo.
A Shangai sarà finale tra cugini: Vacherot- Rinderknech l’incredibile ultimo atto
