Seconda affermazione di fila alle Finals, al termine di una stagione in cui ha disputato 10 finali e vinto sei titoli. Jannik Sinner è ormai un simbolo dell’Italia sportiva, inspiegabilmente divisivo perché un campione così dovrebbe affratellare e unire nell’ammirazione sconfinata. Ma sia sa, in Italia il successo comporta commoda e incommoda, benché la ratio degli “incommoda” sia di incerta matrice.
Contro Alcaraz per Jannik sono sempre sfide speciali, non solo e non tanto perché è di fatto il solo a possedere i mezzi tecnici e atletici per fronteggiarlo adeguatamente, ma anche per via dei precedenti: nel contesto di sfide contrassegnate dall’equilibrio, prima del match di Torino Sinner aveva perso 10 dei 15 precedenti, 11 su 16 se si considera la sfida da giovani a livello Challenger (ma va detto che nelle esibizioni arabe con montepremi principesco il nostro nelle finali ha prevalso due volte, e sebbene non finiscano nelle statistiche ATP non sono certo partite in cui non ci sia impegno).
La bassa percentuale di prime del secondo set è il segnale più evidente di come per Jannik, glaciale contro tutti, ma un po’ meno contro Carlitos, la tensione possa giocare brutti scherzi. In un torneo in cui ha servito benissimo, la prima lo ha abbandonato proprio sotto lo striscione del traguardo. Però Jannik ha vinto lo stesso, perché il suo tennis non è più solo un picchiare da fondo con immenso profitto, ma è fatto anche di variazioni e di soluzioni tattiche che fino a qualche tempo fa appartenevano solo al mondo dei desideri.
Qualcuno ha fatto notare come non sia stata la sfida più spettacolare tra i due big del tennis mondiale, ma non sono mancati momenti di tennis sublime, dall’una e dall’altra parte. Va peraltro tenuto nel debito conto che far punto contro l’uno o contro l’altro comporta l’adozione di un fattore di rischio elevatissimo e pertanto qualche errore di troppo è comunque giustificato dall’elevazione della specifica asticella.
A conti fatti, considerati i 550 punti che alla fine hanno diviso Carlos Alcaraz da Jannik Sinner, è palese che il campione altoatesino avrebbe agevolmente conservato il suo primato nel ranking Atp se avesse potuto prender parte ai 4 mille saltati (il double americano e i tornei su terra di Montecarlo e Madrid). Potrà riprendersi la leadership tra febbraio e marzo, persumibilmente, ma poi il duello proseguirà per tanti anni, per il bene di questa disciplina.
Ora ci si sposta sulla Davis, con un titolo da difendere. I moschettieri saranno Berrettini, Cobolli, Sonego, Bolelli e Vavassori. Difficile confermarsi, ma all’Italia del tennis da qualche tempo sembrano riuscire anche i miracoli (vedi le ragazze in Fed Cup).
Sinner, le logiche e i perché del trionfo torinese
