La crisi del commercio nel centro storico di Frosinone la si può misurare a spanne. E’ sufficiente strusciarsi lungo Corso della Repubblica dirottando l’attenzione verso le saracinesche abbassate e ai cartelli con su scritto “vendesi” e/o “affittasi” per accorgersi che su 73 esercizi commerciali che affacciano sulla strada più della metà, 38, ha chiuso i battenti. Parafrasando Metastasio, ovunque il guardo giro immensa desolazione io ti vedo.
Fin qui l’analisi empirica del fenomeno, la sua eviscerazione a sciarada. Che da sé, ovvio, non basta a fotografare il fenomeno con sufficiente attendibilità statistica.
Dando un’occhiata ai dati ufficiali di qualche tempo fa, quelli per esempio dalla Camera di Commercio ciociara secondo i quali, si evince che nel 2017 le iscrizioni all’ente di viale Roma delle cosiddette sedi d’impresa, a Frosinone erano 456, mentre quelle che se ne erano sfilate furono 333. Un saldo positivo di 123 esercizi commerciali che tuttavia, attenzione, riguardava quasi esclusivamente le aree commercialmente più appetibili del comune capoluogo (via Aldo Moro, via dei Monti Lepini). Il centro storico insomma sembrava destinato alla desertificazione.
Nonostante ciò, nella città antica, le cose nel frattempo non sono escalate verso il disastro. Basta dare un’occhiata alla nuova serie storica 2012-2022 relativa agli esercizi commerciali intra moenia pubblicata dall’Istituto Tagliacarne per rendersi conto che tutto sommato le cose sono rimaste inalaterate nonostante la crisi feroce che ha strozzato i centri storici di centinaia di comuni di piccolo o medio calibro.
Dunque. Dieci anni fa nel centro storico frusinate insistevano 88 attività commerciali laddove per attività commerciali lo studio del Tagliacarme intende esercizi specializzati, prodotti alimentari e bevande, tabaccherie, carburante per autotrazione, altri prodotti per uso domestico in esercizi specializzati; articoli culturali e ricreativi un esercizi specializzati; altri prodotti in esercizi specializzati; farmacie; commercio al dettaglio e ambulante; commercio al dettaglio al di fuori di negozi, banchi e mercati, alberghi, alloggi, b&b, bari, ristoranti. Nell’anno del signore 2019 quelle attività sono aumentate di una unità (89) e nel 2021 (ultimo dato temporalmente disponibile) 90. Certo, nulla di paragonabile con lo sviluppo che ha fecondato l’area a valle del capoluogo dove negli ultimi dieci anni sono sorte qualcosa come 1833 imprese (670 nel 2012, 578 nel 2019, 585 nel 2021). E tuttavia nella vita bisogna sapersi accontentare. E, nel caso di specie, ringraziare l’amministrazione comunale che grazie anche a iniziative come il progetto del 2017 “Frosinone Alta” predisposto dall’assessore al centro storico Rossella Testa ha evitato l’emorragia di negozi, bar, ristoranti e quant’altro.
Un progetto varato a seguito di un protocollo d’intesa sottoscritto con associazioni e attività di sviluppo in una logica di strategia di rete che ha coinvolto agenzie immobiliari e privati cittadini (proprietari di immobili C1 cui è stato chiesto di fornire ai comuni affitti calmierati nell’area che va da Piazza Gramsci a via Fosse Ardeatine) banche (Banca Popolare del Cassinate) e Accademia delle Belle Arti, conservatorio “Refice” e associazioni di categoria, agenzie immobiliari e associazioni culturali.
Crisi del commercio nei centri storici, quello frusinate ha retto bene all’impatto
