Se la Ciociaria o la pianura pontina esportassero in Russia vino o bollicine, il problema dei contraccolpi della quarta ondata di sanzioni, decise dalla Ue contro il Cremlino, non si porrebbe. Si dà infatti il caso che uno degli articoli del “Regolamento di esecuzione (Ue) 2022/427 del Consiglio del 15 marzo 2022 che attua il regolamento (UE) n. 269/2014 concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina preveda che “il divieto di cui al paragrafo 1 si applica ai beni di lusso elencati nell’allegato XVIII (tra cui vini Igp, varietali, Champagne, Asti ed altri, ndr) nella misura in cui il loro valore sia superiore a 300 euro per articolo”.
Una soglia che, dunque, lascia fuori la maggior parte della produzione europea e dell’Italia, primo fornitore di vino della Russia (con 149 milioni di euro nel 2021 che arrivano a 345 aggiungendo i vini italiani che arrivano da triangolazioni con altri Stati, secondo Nomisma Wine Monitor). Per la cronaca: in Russia vengono importate quasi 15 milioni di bottiglie di Prosecco. Nel 2021, secondo Coldiretti, le vendite sono cresciute del 63%. Quasi una bottiglia di vino italiano su sei vendute attualmente all’estero è fatta di bollicine.
Ma noi non siamo la Valdobiaddene e quindi il nuovo pacchetto di sanzioni, alle due province del basso Lazio, ci farà cantare granada. Vediamo cosa dice in proposito l’Istat. E’ a tutti noto che dalle province di Frosinone e Latina partono (o meglio partivano) alla volta della Russia prodotti di attività manifatturiere non disponendo evidentemente i nostri territori di materiali da estrazione di minerali da cave e miniere.
Fino all’ultimo quadrimestre del 2021 l’export del basso Lazio destinato ai sudditi del zar Putin superava di gran lunga l’import. Ebbene, con il nuovo embargo Latina dovrà rinunciare a 50.245,555 euro annui, Frosinone a 44.920,067.
Agli imprenditori pontini non arriveranno neanche i 63.963 euro derivanti da prodotti di attività di informazione e comunicazione. La Ciociaria dovrà dire addio anche agli spiccioli (6000 euro) frutto della vendita di prodotti dell’agricoltura e della silvicoltura. A questo punto c’è solo da augurarsi che il disagio enorme cui la nostra economia sarà costretta a fronteggiare (comunque neanche lontanamente paragonabile allo strazio cui è sottoposto il popolo ucraino) serva a raffreddare i bollori di Vlad Mad.