La storia di Gloria Pompili racconta il dramma di una donna ai margini della società, fragile ed incapace di reagire. Per anni è stata molestata, vessata, costretta a prostituirsi e a sopportare i soprusi verso i figli prima di esser uccisa a suon di calci e pugni dalla cugina Loide Del Prete di 40 anni e il compagno 23enne Saad Mohammed Elesh Salem nella notte del 23 agosto 2017.
Nata a Frosinone nel 1993, ha conosciuto il dolore sin da piccola quando viene lasciata in una casa famiglia dopo il divorzio dei genitori; due figli nati da una relazione con un uomo finito in carcere per spaccio di droga e poi l’inferno quando la cugina Loide le ha chiesto di trasferirsi con lei insieme al compagno.
Arrivata in quell’appartamento ad Anzio (RM), Gloria pensava di dover aiutare la cugina in un negozio di frutta e verdura, un inganno che ben presto si rivela tale quando Loide e Mohammed la spediscono in strada trasformandola in una schiava sotto gli occhi dei suoi bambini. Senza soldi e senza una casa accetta le umiliazioni, le botte e la strada.
Nel frattempo, sposa l’egiziano Hady Saad Mohammed (fratello di Saad Mohammed Elesh), sotto imposizione della cugina per dare a quest’ultimo la possibilità di ottenere il reddito di cittadinanza.
I figli di 5 e 3 anni venivano usati dagli zii come strumento di ricatto quando lei osava disobbedire. Mentre Gloria era con i clienti, i due bambini venivano messi in due ceste e lasciati penzolare sul balcone di casa poichè, secondo gli aguzzini, gli uomini che Gloria intratteneva non dovevano essere disturbati. Il tutto testimoniato da vicini di casa agli inquirenti in sede di indagine.
Le toglievano il cellulare, le allontanavano i bambini anche quando erano a tavola, poteva vedere la madre Carmela solo in presenza della cugina. Proprio la madre ha raccontato di aver visto il marito picchiarla sulla testa. Altre volte era stata lei a raccontare a quest’ultima di essere stata “pestata” soltanto per essere andata a trovarla.
La notte del 23 agosto, i suoi carnefici si lamentano dello scarso incasso sulla nettunense (dove veniva portata a prostituirsi) mentre la giovane mamma esprime la volontà di non voler più vendere il suo corpo e riacquistare la sua dignità. Inizia un litigio lungo la strada che porta la cugina e il compagno a sfinirla di botte lasciandola agonizzante in una piazzola di sosta sulla monti lepini, l’arteria che collega la provincia di Latina a quella di Frosinone, in territorio di Prossedi (LT). Uno di questi colpi con un oggetto elastico contundente, come evidenziato dall’autopsia della dott.ssa Cristina Setacci, le ha fratturato una costola che ha danneggiato il fegato e la milza provocandole un’emorragia letale.
I due parenti, dopo il fatto, chiamano un’ambulanza dicendo che si è sentita male improvvisamente. Le ferite sul corpo però raccontano un’altra verità agli operatori sanitari e agli inquirenti.
Si parla di racket della prostituzione per giorni, poi emerge la sconcertante verità: una tragedia che si è consumata in un contesto familiare.
Un mese dopo, a settembre 2017, Loide Del Prete e Mohammed vengono arrestati e rinviati a giudizio.
Il 6 novembre 2018 inizia il processo a carico dei due conviventi.
È il racconto di uno dei figli di Gloria a ricostruire i fatti avvenuti quella notte dentro la Bmw dei cugini. Alcuni giorni dopo la tragedia in una struttura protetta, in un momento di gioco, il bambino riferisce ad un’educatore che la mamma è morta. “Ha tanto dolore, sta all’ospedale, l’hanno portata all’ospedale”. Il gip Bortone ha sottolineato che il piccolo quando ha raccontato le fasi del pestaggio alla mamma ha assunto un’espressione di profondo dolore, probabilmente immedesimandosi nella mamma, e diceva testualmente: “l’hanno ammazzata”.
Ad ottobre del 2019 la sentenza della Corte D’Assise a Latina. Dopo le indagini dei carabinieri e del pm Luigi Spinelli, c’è una condanna a 24 anni di reclusione per i due con le aggravanti di crudeltà e di aver agito in presenza dei figli minori della vittima. 12 anni per Hady Saad Mohamed, compagno di Gloria, accusato di maltrattamenti in famiglia.
Le parole del giudice in seguito alle indagini del procuratore aggiunto Carlo Lasperanza, sono state molto chiare: “tenuto conto della condotta crudele svolta dagli imputati, per più di un anno, nei confronti di Gloria che ha portato la stessa a essere assoggettata al loro volere; il tutto non fermandosi i due imputati di fronte a nulla, continuando a picchiarla e anche a costringerla a prostituirsi nonostante le sue oramai pietose condizioni fisiche” aggiungendo “la zia e il suo compagno, in modo freddo e pianificato, hanno approfittato dell’isolamento sociale di questa ragazza – di fatto abbandonata anche dai servizi sociali che si limitavano a incontri formali e vuoti di contenuto – costringendola, con vera crudeltà, a prostituirsi, picchiandola e umiliandola, giornalmente, anche dinanzi ai suoi due figli, ai quali gli imputati hanno fatto vivere un primo periodo della loro infanzia tremendo di cui porteranno, inevitabilmente, i segni per tutta la vita”.
Dal processo di primo grado e anche nelle motivazioni della sentenza d’Appello, emerge un elemento rilevante nella storia umana di Gloria: oltre alla sua fragilità psicologica, spicca la solitudine di una ragazza di 23 anni, morta tra l’indifferenza di chi invece avrebbe dovuto aiutarla.
La madre Carmela, testimone oculare dei lividi di sua figlia ha dichiarato ai giudici «Lei negava sempre, anche agli assistenti sociali diceva che lavorava in frutteria ad Anzio con sua cugina e quei lividi se li era procurati cadendo». Prima di conoscere Gloria, l’egiziano e sua cugina avevano una Twingo scassata, poi invece si sono comprati la Bmw e hanno aperto la frutteria». Racconta come al telefono, l’ultima volta che la giovane si è fatta sentire, 3 o 4 giorni prima della morte, era agitata e spaventata soltanto perché l’aveva contattata di nascosto.
A maggio 2021 la Cassazione conferma la reclusione a 20 anni per i due assassini, dopo lo sconto di pena già deciso in Corte d’Appello. Completamente assolto invece il compagno di Gloria poichè non complice dell’omicidio.
La madre di Gloria ed il fratello si sono costituiti parte civile tramite gli avvocati Luigi Tozzi e Marco Maietta.