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Macedonia indigesta, Italia fuori dal mondiale

Roberto Mercaldo
Tanti tiri, tanti corner, nessun gol. In Qatar da spettatori
Marzo 25, 2022
italia macedonia fuori mondiali

Fa male. Come una lite inopportuna, un gesto insensato, una passione mal riposta. Fa male come se non parlassimo di un gioco, perché con buona pace di Karl Marx il calcio tende ad essere l’oppio dei popoli perfino più della religione. Chi non ne respira le dinamiche un po’ perverse, può legittimamente meravigliarsi, perché con i drammi veri che purtroppo stanno avvolgendo il nostro pianeta in una spirale di dolore, prendersela per l’esito di una partita di calcio può apparire di una superficialità esecrabile. E allora, confessiamo a noi stessi e al mondo la nostra incompiutezza, il nostro mutar gli umori in dipendenza di ciò che accade su un rettangolo verde circondato da tribune.

Il rettangolo è il Renzo Barbera, le tribune stipate senza limiti. Quelli azzurri hanno vinto quattro campionati del mondo e due Europei, il secondo dei quali pochi mesi fa, in casa degli inglesi. Gli altri sono i sessantaseiesimi del ranking Fifa, che di regola non sta per paura, ma stasera sì. Gli azzurri sanno di essere lì perché da un po’ di tempo la dea fortuna, quella cui Ozpetek ha dedicato un film, è un po’ neghittosa nei loro confronti. Con la Bulgaria, qualche mese fa, sembrava un tiro al bersaglio, dopo il gol repentino di Chiesa: 27 tiri a 4, con un eloquente 79% di possesso palla e risultato finale di 1/1. Poi nel doppio confronto con la Svizzera arrivano due rigori, uno per gara. Basterebbe realizzarne uno per andare in Qatar felici e contenti, ma Jorginho li fallisce entrambi e il verdetto resta in bilico fino alla scialba recita in Irlanda. E allora sì, a dispetto del ranking che urla Davide contro Golia, il gigante azzurro ha paura della fionda.

Un frame del match Italia-Macedonia

Si dimena in modo non troppo elegante, per scrollarsi di dosso quel piccolo importuno. Fuor di metafora colleziona calci d’angolo (a fine match saranno 16 a 0) e conclusioni malaccorte. Non c’è verso di gonfiare quella rete e gli oltre trentamila cuori azzurri sugli spalti provano in tutti i modi ad indicare la strada. C’è sempre uno stinco, un femore, una schiena, un ginocchio di troppo tra il pallone e la linea bianca. I Macedoni, li perdoni Alessandro, ad andare dall’altra parte non ci pensano proprio, tutti assorbiti dal compito supremo di distruggere quel che il gigante prova, sempre meno lucidamente, a costruire. E poiché la Dea Fortuna non ha il senso della misura, ché la misura compete agli umani e alle loro miserevoli vicende, ecco che Trajkovski, che in questo stadio ha giocato, chiude gli occhi e pesca il jolly, quando sul cronometro c’è scritto 92. Passi per le tibie, gli stinchi e le ribattute affannose, ma questo non dovevano farcelo. L’angolino basso alla destra di Donnarumma accoglie la sfera.

L’Italia guarderà per la seconda volta di fila il mondiale in Tv. Prima di questa doppia tragedia sportiva era accaduto solo nel 1958, con l’Italia degli oriundi prigioniera di una presunta grandezza e punita dall’Irlanda del Nord. Chissà perché questi punti cardinali sembrano divertirsi a scrivere le disfatte italiche nel calcio: Irlanda del Nord nel 58, Corea del Nord nel 1966 (anno del mondiale inglese targato Mondino Fabbri) Corea del Sud nel 2002, con lo sfacciato Byron Moreno a deturpare i nostri sogni di gloria. No, non sentivamo il bisogno di aggiornare la lista con la Macedonia del Nord. A testa bassa escono dal campo il superbo Verratti, migliore in campo per distacco, Immobile e Insigne, i meno capaci d’interpretare la gara, mister Mancini, che dagli altari inglesi scende nella polvere con grande dignità. E affronta telecamere e processi sommari (nella cui istituzione siamo i campioni del mondo incontrastati) da vero uomo di sport. Ma sì, ricordiamolo sempre, fino all’esasperazione, che parliamo di sport e di un pallone che rotola. Il dolore è altro, i drammi sono altra cosa. Però fa male. Tanto.

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