La peste suina a Rieti comincia a far paura. In queste ore si stanno delineando i confini della zona rossa. Verrebbe coinvolti l’area che va dal comune di Antrodoco a quello Cittaducale, da Micigliano a Castel Sant’Angelo, oltre a Borgo Velino, dove giovedì scorso è stata trovata la carcassa del primo cinghiale risultato infetto. Sono in corso riunioni tra la prefettura, la Asl, i sindaci del territorio interessato, il ministero della Salute e il commissario per l’emergenza della peste suina, Angelo Ferrari, per valutare gli strumenti da adottare. Occorre far presto. La velocità con cui si diffonde la peste suina è notevole. Basti pensare che un solo cinghiale riesce a percorrere in un solo giorno anche 80 chilometri, mette a rischio gli allevamenti della zona. Solo a Rieti le aziende suinicole sono oltre 370 per un totale di oltre 5 mila capi e rappresenta la seconda provincia nel Lazio, dopo Frosinone, in ordine di importanza per numerosità aziendale.
“Al via subito gli abbattimenti dei cinghiali. Non possiamo permetterci di aspettare ancora, davanti alla velocità di diffusione della peste suina”. E’ l’appello del presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri. “Ad una settimana dal primo caso di peste suina a Rieti – prosegue – ancora non sono stati presi provvedimenti per il contenimento del virus dei cinghiali, che si tramette ai suini e rischiano di essere abbattuti anche se sani. La situazione è già fuori controllo nella Capitale ed era prevedibile che i casi aumentassero. Così come è prevedibile che a breve ne conteremo molti altri nella regione. E questo anche perché chi doveva manutenere e controllare, non lo ha fatto e ora il futuro delle nostre aziende, è messo a rischio anche dall’inefficienza di alcune strutture ed Enti Parco, come ad esempio Roma Natura, che non sono riuscite a rispettare un Piano di contenimento”.
“Ad essere esposti ai rischi maggiori sono soprattutto gli allevamenti suincoli di maiale nero reatino – spiega il presidente di Coldiretti Rieti, Alan Risolo – con razze autoctone allevate allo stato brado o semibrado, quindi allevate necessariamente in spazi aperti. Aziende che realizzano prodotti tipici di pregio e rappresentano una distintività per il nostro territorio. Non possiamo permetterci di perdere una delle nostre eccellenze. E a questo si aggiungono anche le ripercussioni su altre fiere, come quella zootecnica, che subirà altri danni a casa del prevedibile blocco della movimentazione del fieno e della paglia, come è già accaduto nella zona rossa a Roma, in un momento storico come questo in cui il loro prezzo è aumentato e i costi delle materie prime continuano a lievitare”.