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Anni di piombo in Ciociaria: 44 anni fa la strage di Patrica

Cesidio Vano
I terroristi rossi uccidevano il procuratore Calvosa, il suo autista e un agente di scorta.
Novembre 7, 2022
Foto di: Fondazione Gramsci Onlus

Quarantaquattro anni fa, la strage di Patrica. Un commando delle Formazioni comuniste combattenti (FCC), che rivendicherà poi l’attentato, uccise il procuratore capo di Frosinone Fedele Calvosa, il suo autista Luciano Rossi e l’agente di polizia penitenziaria Giuseppe Pagliei. Nell’inferno di colpi esplosi dai malviventi, rimase a terra anche uno dei quattro componenti della banda di attentatori, Roberto Capone, colpito per errore.

Venerdì 11 novembre alle ore 10, a Patrica, si terrà una cerimonia per ricordare l’anniversario di quella tragica giornata. L’evento è organizzato dal Comune di Patrica ed è promosso dal Procuratore della Repubblica di Frosinone Antonio R.L. Guerriero e dal Presidente del Tribunale di Frosinone Paolo Sordi che saranno presenti all’iniziativa assieme a numerose altre autorità civili, religiose e militari.

L’8 novembre 1978, alle ore 8.30, il procuratore Calvosa usciva dalla sua casa di Patrica e saliva sulla Fiat 128 di servizio, per recarsi al palazzo di giustizia di Frosinone. Alla guida dell’auto c’era Luciano Rossi, dipendente del ministero della Giustizia: era stato destinato a quell’incarico di autista da pochi giorni e, infatti, in auto con lui e con il magistrato c’era anche Pagliei, ex autista del procuratore e guardia carceraria, proprio per assistere, in un primo periodo, il nuovo arrivato.

L’auto era in movimento quando, all’altezza di un incrocio, una Fiat 125 sbarrò la strada e spuntarono tre uomini e una donna armati di pistole e mitra. Il gruppetto si parò davanti l’autovettura e quindi aprì il fuoco a raffica.

Il primo ad essere colpito e perdere al vita fu l’agente Pagliei. Poi cadde il dottor Calvosa. L’autista Rossi rimase ferito e cercò di fuggire. Non ci fu nulla da fare. Notato da uno degli assalitori, fu raggiunto in un vicino fossato e finito con un colpo d’arma da fuoco al volto.

Nella fase dell’assalto, fu colpito per errore dai suoi compagni, anche un attentatore, Roberto Capone, che rimase a terra senza vita.

L’attentato fu rivendicato dalle “Formazioni Comuniste Combattenti”, organizzazione che tra la fine del 1977 e i primi mesi del 1978 aveva creato “Prima Linea” ed era in collegamento con le ”Brigate Rosse” e che stava conducendo in quegli anni una feroce campagna contro i rappresentanti delle forze dell’ordine ed i magistrati.

Le indagini portano ad individuare gli autori dell’agguato: per gli inquirenti a premere il grilletto sono stati il capo delle Formazioni comuniste combattenti, Paolo Ceriani Sebregondi, Nicola Valentino (che era alla guida della fiat 125 usata per l’attentato) e Maria Rosaria Biondi fidanzata di Roberto Capone, deceduto nella sparatoria.

Tre giorni dopo la strage, Sebregondi fu ferito gravemente dai Carabinieri a Latina Scalo, mentre stava recuperando una Fiat 131 servita agli attentatori per la fuga. Ricoverato nel centro clinico del carcere di Parma a causa delle ferite riportate riuscì ad evadere, segando le sbarre di una finestra, e fuggire. Nel processo, affrontato da latitante, venne assolto per insufficienza di prove. Sarà poi condannato in via definitiva per un altro omicidio commesso sempre in provincia di Frosinone: quello dell’ex maggiore dei Carabinieri, Carmine De Rosa, responsabile dei servizi di sicurezza dello stabilimento Fiat di Cassino, ammazzato il 5 gennaio del 1978. Sebregondi sarà poi rintracciato in Francia. È ancora latitante e residente a Parigi (perché la Francia ‘vigila sul rispetto dei diritti civili in Italia’, come ha detto di recente la premier francese, Elisabeth Borne, ma poi ama ospitare e proteggere i terroristi italiani, soprattutto quelli rossi).

Gli altri due attentatori, Valentino e Biondi, fuggono a Torino dove il 26 gennaio 1979 vengono arrestati entrambi dai carabinieri del generale Carlo Alberto dalla Chiesa. Si erano rifugiati in un covo delle Brigate Rosse in via Industria 20. Entrambi saranno condannati all’ergastolo. 

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