Aprilia va verso il commissariamento per mafia. Un tunnel che potrebbe durare per un paio di anni. Il rischio concreto è che la nuova amministrazione comunale verrà scelta contemporaneamente con le elezioni politiche, previste per il 2027. I riflettori dunque potrebbero accendersi con maggior forza proprio in coincidenza con la probabile doppia tornata elettorale. La previsione appare avere un fondamento. Il Prefetto Vittoria Ciaramella entro una quarantina di giorni valuterà se nel Comune di Aprilia ci sono gli estremi per commissariare l’ente, dopo aver ricevuto dalla commissione d’accesso la relazione sul Municipio. Nel caso in cui dalla relazione dovessero emergere elementi evidenti che renderebbero consequenziale il commissariamento, la Prefettura trasmetterà la richiesta al Ministro dell’Interno che a sua volta presenterà la proposta al Consiglio dei Ministri.
L’IPOTESI ASSOCIATIVA
Il caso Aprilia rischia di avere effetti deflagranti soprattutto per l’immagine del secondo centro della provincia, oltrechè per l’intera classe politica (di destra e di sinistra). Nell’ambito della vasta operazione nel luglio scorso erano finite in manette 25 persone, tra queste il sindaco del Comune pontino, Lanfranco Principi, arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio, turbata libertà degli incanti. Il procuratore Lo Voi ha parlato proprio di sistema mafioso impiantato ad Aprilia da parte dell’associazione mafiosa che la faceva da padrone in città tra estorsioni, usura, droga, acquisizione di attività commerciali. Un’associazione talmente strutturata e in grado di imporre intimidazione e assoggettamento del territorio, tanto che quando c’era da costituirsi parte civile il Comune di Aprilia, all’epoca della Giunta Terra, fece fatica a farlo. Secondo gli inquirenti, fu l’allora vice sindaco Lanfranco Principi a schierarsi contro la costituzione di parte nel processo che vedeva imputati per estorsione mafiosa, Sergio e Gianpiero Gangemi, Patrizio Forniti e Mirko Morgani. “Faremo il comune nel Comune. Un problema di un apriliano diventerà quello di tutti gli apriliani” è la frase intercettata di un imprenditore legato al clan in vista della stesura del “patto” per le elezioni del 2018. “Quella con base ad Aprilia è una mafia forte, unita, organizzata e divisa in “rami d’azienda””, come ha avuto modo di spiegare il gip.
IL PARERE DELLA CASSAZIONE
Per i giudici della Corte di Cassazione “ad Aprilia agiva un’associazione in grado di agire sul territorio con autonoma capacità di intimidazione…assumendo i caratteri propri dell’associazione mafiosa”. Si evidenziava nella sentenza con cui è stata respinta la richiesta di scarcerazione di un indagato. Il Tribunale “ha ampiamente e logicamente motivato in merito alla sussistenza della contestata associazione alla quale l’indagato è accusato di partecipare, nonché al suo carattere mafioso”. L’ordinanza del 3 luglio “ha valorizzato una serie di conversazioni oggetto di intercettazione dal cui contenuto ha desunto in maniera tutt’altro che illogica l’esistenza del vincolo associativo e la coscienza dei conversanti di appartenere ad un sodalizio dotato di una riconoscibile identità e apparato organizzativo”. Sempre i giudici della Corte di Cassazione hanno affermato che “l’ordinanza impugnata ha dimostrato di aver fatto buon governo di questi consolidati principi”. In generale i giudici hanno constatato “una strategia più ampia dell’associazione di contenere nella fase attuale le reazioni violente non strettamente necessarie e idonee a turbare l’ormai consolidato controllo esercitato su Aprilia dall’associazione”.